Marsilio Ficino, Giovanni Pico della Mirandola e Agnolo Poliziano, ritratti da Cosimo Rosselli

Pico della Mirandola morì avvelenato

L’arsenico avvelenò e uccise Pico della Mirandola. Avvolta dal mistero e imputata spesso alla sifilide, la morte del grande filosofo e umanista, noto per la prodigiosa memoria, è adesso chiara. I Ris di Parma e un team internazionale di ricercatori hanno svelato la causa certa, compiendo una lunga serie di analisi.

Pico della Mirandola fu dunque avvelenato, ad appena 32 anni, nella Firenze di fine Quattrocento. Per capirlo, i Ris di Parma hanno svolto indagini su ossa, unghie, tessuti molli mummificati, vestiti, legno della cassa trovati nella sepoltura e conservati in un chiostro vicino alla basilica fiorentina di San Marco.

Sottoposti a una serie di analisi di carattere biologico e chimico-fisico sia per confermare l’identificazione dei resti sia per rilevare l’eventuale presenza del veleno, i resti e i materiali studiati dai Ris hanno rivelato la morte per avvelenamento.

Pubblicata sul Journal of Forensic and Legal Medicine, la ricerca è stata portata avanti  da u team di ricercatori delle università di Pisa, Bologna, del Salento, di Valencia (Spagna), York (Gran Bretagna) e del Max Planck Institute (Germania), insieme, appunto, agli esperti del Ris di Parma.

Giovanni Pico della Mirandola nacque nell’monima città, oggi in provincia di Modena, figlio più giovane, e dunque non destinato alla successione, di Gianfrancesco I, signore di Mirandola e conte della Concordia.
I Pico della Mirandola erano strettamente imparentati agli Sforza, ai Gonzaga e agli Este, e i fratelli di Giovanni sposarono gli eredi al trono di Corsica, Ferrara, Bologna e Forlì. Durante la sua vita Giovanni soggiornò in molte dimore.

A Firenze, e in minima parte altove, Giovanni Pico della Mirandola rapporti di amicizia con Girolamo Savonarola, Marsilio Ficino, Lorenzo il Magnifico, Angelo Poliziano, Egidio da Viterbo, Girolamo Benivieni, Girolamo Balbi, Yohanan Alemanno. A Firenze entrò anche a far parte della nuova Accademia platonica. Nel 1484 si recò a Parigi, ospite della Sorbona, allora centro internazionale di studi teologici, dove conobbe alcuni uomini di cultura come Lefèvre d’Étaples, Robert Gaguin e Georges Hermonyme.

Divenuto celebre in tutta Europa, tornò a Firenze in piante stabile sotto la protezione dei Medici. Proprio nella città toscana trovò però preoce morte, dovuta, come si è appurato in questi mesi, alla mano altrui.

Di Pico della Mirandola è rimasta proverbiale la prodigiosa memoria: si dice conoscesse a mente numerose opere su cui si fondava la sua vasta cultura enciclopedica, e che sapesse recitare la Divina Commedia al contrario, partendo dall’ultimo verso, impresa che pare gli riuscisse con qualunque poema appena terminato di leggere.

Attribuita alla sifilide solo per trovare un possibile motivo, la sua scomparsa passò alla storia come misteriosa. La ricerca che ha visto protagonisti le università e i Ris di Parma ha messo, dopo oltre 500 anni, la parola fine al mistero.

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