Dopo settimane di picchetto, la polizia è intervenuta in modo risoluto per sciogliere la manifestazione sindacale del Si Cobas davanti a una fabbrica di Prato, la Tintoria DL di via Gestri. Personale della questura ha prima chiesto ai manifestanti di interrompere la protesta. Poi, la polizia è intervenuta per sgombrare il presidio davanti ai cancelli che impediva ingresso e uscita dei mezzi dall’azienda.
Si Cobas ha denunciato alla stampa le maniere forti impiegate dalla polizia. Dalla questura di Prato, si spiega che per ripristinare il «normale traffico veicolare nella ditta» è stato necessario «vincere la resistenza attiva di alcuni dei partecipanti, un uomo ed una donna noti attivisti» e di un operaio pakistano.
Nella tintoria, infatti, lavorano in prevalenza operai provenienti dal Pakistan che lamentano da tempo, al pari di quanto hanno fatto negli ultimi mesi i connazionali impiegati in aziende analoghe, dei ritmi di lavoro massacranti e del rispetto delle norme contrattuali.
La polizia ricorda che i manifestanti stavano però «ponendo in essere un presidio in nessun modo preavvisato, che veniva disimpegnato con modalità che impedivano di fatto l’ingresso e l’uscita di mezzi dall’azienda.
L’azione di mediazione compiuta dal personale di polizia, finalizzata a consentire il ripristino del normale transito veicolare nella ditta, non aveva successo».
Da qui la soluzione di forza e la resistenza di alcuni dei manifestanti, tra i quali due uomini e una donna denunciati per «resistenza a pubblico ufficiale, inosservanza di legittimo ordine dell’autorità allo scioglimento di manifestazione non preavvisata, nonché violenza a pubblico ufficiale». I due uomini dovranno rispondere anche del reato di lesioni, perché tre poliziotti sono rimasti contusi con prognosi di 5 giorni ciascuno.
Il Si Cobas annuncia che la protesta andrà però avanti, stante il rifiuto riscontrato dall’azienda a mostrare «apertura verso le istanze dei laovoratori». È del resto questa la ragione per cui lo sciopero alla DL, dopo settimane di proteste, era ripreso con il blocco di uno dei cancelli d’ingresso della ditta. «In tanti sono quelli che lavorano in nero o che lo hanno fatto in passato, 12 ore al giorno 7 giorni su 7 per poco più di mille euro al mese», ha spiegato in una nota il sindacato.