Secondo un antico detto, il tempo è galantuomo. Sta a significare che, presto o tardi, i veri valori di un atto, di una persona, di una situazione emergono chiaramente e sono visibili a tutti. Al sindaco di Prato, Matteo Biffoni, sta accadendo la stessa cosa: la nostra città non aveva mai visto la destra a capo dell’Amministrazione comunale, è accaduto con la giunta Cenni per una serie di circostanze irripetibili e, dopo cinque anni, i cittadini avevano una gran voglia di tornare alla normalità, hanno votato volentieri un candidato del centrosinistra giovane e autoproclamato innovatore (e rottamatore). Naturalmente gli stessi cittadini speravano anche in una giunta in grado di dare soluzione ai tanti problemi di Prato, dal centrodestra non risolti, se mai aggravati.
Tuttavia, giunti circa alla metà della consigliatura, è difficile indicare problemi risolti, o anche solo avviati a soluzione certa: molti discorsi balbettati, molte promesse, molto fumo e poco arrosto, dalla questione dell’aeroporto al futuro del distretto industriale, dal nodo infrastrutturale alla questione degli immigrati, dal destino del centro storico alla viabilità delle periferie (e l’elenco potrebbe continuare). Sembra che il sindaco Biffoni (e la sua giunta) viaggi a fari spenti, senza incidere sulla realtà, lasciando che le cose vadano (o non vadano) per conto proprio.
Ecco che allora si spiega l’ultimo sondaggio de “Il Sole 24 Ore”, che colloca il Nostro all’ottantesimo posto tra i cento sindaci delle maggiori città italiane, con un netto peggioramento rispetto all’anno precedente. Appunto: il tempo è galantuomo. Il sindaco Romagnoli fu accusato di aver presieduto una giunta tra le peggiori della storia di Prato: eppure con la programmazione strategica aveva ricollocato Prato al centro dell’area metropolitana, aveva discusso da pari a pari con Firenze di aeroporto, di infrastrutture, di macrolotto 2, aveva costruito un modello di integrazione scolastica per gli immigrati riconosciuto, imitato e premiato a livello nazionale… Ci possiamo fermare, perché basta e avanza, a paragone di quanto avviene sotto i nostri occhi.
Se è vero come è vero che il tempo è galantuomo, i cittadini di Prato e di tutta l’Italia, prima o poi (meglio se prima!) si renderanno conto che per governare le città e lo stato non bastano le chiacchiere, gli slogan, i post, i tweet, gli hashtag, le misure sbagliate, le riforme mal fatte, le pacche sulle spalle e ridicole imitazioni di quanto si rappresenta in una vecchia stazione di Firenze: ci vogliono programmi seri, idee lucide; bisogna sapere da dove si viene e dove si vuole andare, chi si vuole rappresentare e chi si vuole combattere.
In una parola: bisogna tornare a fare politica davvero. E per farla ci vogliono i contenuti, culturali, etici e morali, di cui gli attuali nuovisti sembrano largamente sprovvisti.
Giuseppe Gregori