È la prima volta. In Toscana, dove si rinnovano presidente della Regione e Consiglio regionale, ha votato meno del 50% degli elettori. Il primo dato, molto parziale, è del 47,64%. Lo aggiorneremo presto. Il numero di per sé, salga o scenta di un paio di punti, è significativo. E lo è anche se, 5 anni fa, si votò anche di lunedì mattina, anziché in una sola giornata. Significativo di quella che è ormai un’insofferenza per la politica, di cui la politica intera, e non solo quella dei partiti o movimenti più o meno strutturati, è chiamata a farsi carico.
Toscana chiama Italia. E la voce non è delle migliori. Toscana e Italia sono ormai poco affezionate al voto, a meno che non si tratti di elezioni comunali o politiche. Nelle 7 regioni chiamate a rinnovare consigli e presidenti, i votanti, nel migliore dei casi, hanno soltanto sfiorato il 50%. Alle 19, il dato era del 36,6%, per una media nazionale di un punto superiore a quella Toscana.
E il discorso, pur con i rientri dal mare e dai monti, non è cambiato granché nelle ultime 4 ore di seggi aperti. E va da sé che si votava in una sola giornata e con 7 leggi elettorali differenti.
Mancare il 50% non significa, come avviene invece nel caso dei referendum, che la consultazione non è valida. Beninteso. Fra poche ore conosceremo il nome del presidente della Regione, e in pole position rimane l’uscente Enrico Rossi (Pd), o sapremo, in alternativa, se la vecchia roccaforte rossa andrà al ballottaggio tra due settimane. Altre ipotesi non sembrano possibili. Nessuno, tranne Rossi, ha il potenziale per superare il 40% dei voti espressi. Che questi, poi, rappresentino meno della metà dei toscani non importa. Almeno ai fini della regolarità dell’elezione. Conta come segnale. Un’avvisaglia già registrata, mesi addietro, nella vicina Emilia Romagna dove il Pd s’impose, e s’impose il suo candidato, pur con un’affluenza a dir poco al ribasso.
In Toscana, adesso, resta da vedere se gli astenuti a tutto campo, quelli che al seggio non sono andati, sarebbero stati potenziali elettori delusi del Pd, di altre forze politiche o un po’ di tutti. L’unico rischio concreto per il presidente Enrico Rossi, e in definitiva per il premier Matteo Renzi, è che la schiacciante maggioranza dei “nuovi astenuti” siano stati in precedenza elettori del Pd o, in generale, del centrosinistra.