Il 3 ottobre 2013 al largo dell’isola dei Conigli morirono per annegamento oltre 360 naufraghi a poche centinaia di metri da Lampedusa.
Sono passati dieci anni e oltre 27 mila vittime delle politiche di frontiera e dei traffici di esseri umani; eppure si continua a morire nel Mediterraneo centrale ed orientale, lungo la rotta atlantica e balcanica, nel canale della Manica e lungo i confini tra Polonia e Bielorussia.
I morti delle migrazioni spesso non hanno nome, non hanno volto, non hanno storia. Corpi sepolti senza identità, persone a cui è stato negato il futuro.
Persone che migrano per fuggire da guerre, disastri ambientali e repressione ma anche per costruire la vita che desiderano in un altro luogo, un lusso che non possono permettersi a causa della negata possibilità di ricevere un semplice visto di viaggio.
Nel 2016 il Parlamento italiano ha sancito la _“Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione”_, per ricordare chi “ha perso la vita nel tentativo di emigrare verso il nostro paese per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria”.
Tuttavia, con le politiche razziste di respingimento e rimpatrio, le traversate sono sempre più pericolose oltre ad essere anche l’unica possibilità per raggiungere l’Europa. La negazione del rilascio dei visti per viaggiare in modo legale, insieme alla costituzione di muri voluti dall’UE, non fa altro che finanziare il traffico di esseri umani.
Nonostante questo, le restrizioni ignobili ai soccorsi della flotta civile e la propaganda sui ‘blocchi navali’ del governo Meloni, si è ripetuta una strage simile – ampiamente allertata – proprio lo scorso febbraio sulle coste di Cutro, poco dopo l’ascesa della destra postfascista al potere.
Quella località è poi stata strumentalizzata dal governo italiano per un decreto disumano, che tradisce i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica, estendendo la reclusione illegittima nei nuovi lager detti CPR fino a 18 mesi, moltiplicando i centri di detenzione e addirittura arrivando ad estorcere denaro alle persone trattenute, inserendosi così nella filiera di scafisti e trafficanti, che fanno business sugli esseri umani.
In Italia il Decreto legge 1 del 2023 inasprisce la politica di attacco alla solidarietà già inaugurata dal ministro Minniti del governo Gentiloni nel 2016 e proseguita dai “ decreti
sicurezza” del ministro Salvini del governo giallo-verde.
Loro, i potenti della terra che portano avanti un sistema capitalista predatorio, di sfruttamento di ambiente e persone, cercano di fermare l’umanità in cammino, che mette in discussione i confini imposti causando così indicibili sofferenze. Ma non possono fermare la storia: la spinta umana alla vita è inarrestabile.
Come antifascistə e antirazzistə possiamo e dobbiamo reagire. Contrastiamo l’assuefazione e l’indifferenza, rigettando ogni complicità con chi sta perpetrando veri e propri crimini contro l’umanità. Siamo con chi emigra, per la libera circolazione e l’accoglienza per tuttə: difendiamo la nostra umanità.
Per questo, come Comitato 25 Aprile di Prato, insieme a Social Forum, Onlus Mali, Comitato STOPrazzismo, ass.Porrajmos, Assemblea Sulla Stessa Barca condividiamo la proposta di un sit-in dimostrativo di commemorazione, oggi, MARTEDÌ 3 OTTOBRE alle ore 18.30 nella piazza Buonamici, antistante la Prefettura di Prato, anche per rilanciare la campagna di mobilitazione ‘STOP BORDER VIOLENCE’
È il momento di reagire e di unirsi per difendere la vita contro questa barbarie.
Contro ogni forma di razzismo e discriminazione! Libera circolazione per tutte e tutti!
Migrare per vivere e non per morire! Solidarietà con le ONG!
Sanatoria per tutti le persone senza permesso di soggiorno!
Rilascio dei visti per viaggiare senza rischiare la vita!