Ricordate l’aggettivo petaloso, coniato da un ragazzino qualche anno fa e sottoposto agli accademici della Crusca? Ebbene, a parlare di petalosità di rose, petunie e garofani è uno studio dell’Università statale di Milano e del Consiglio nazionale delle ricerche. Siamo del resto alle porte con San Valentino, quando i fiori tornano ad essere protagonisti con generosissime esplosioni di colori.
Ecco che i molti petali di rose, garofani e di alcune petunie trovano, a due giorni dalla festa degli innamorati, una spiegazione scientifica. Una ricerca appena pubblicata sul Journal of Experimental Botany, ha rivelato che la loro petalosità è dovuta a mutazioni genetiche naturali molto simili tra loro.
La scoperta tutta italiana è frutto di una collaborazione tra l’Università statale di Milano, dove è stata coordinata da Laura Rossini, docente di genetica agraria al dipartimento di Scienze agrarie e ambientali, e l’Istituto di biologia e biotecnologia agraria del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibba), con il primo autore Stefano Gattolin, ricercatore del Cnr-Ibba ed il Parco tecnologico padano di Lodi (PTP Science Park).
Oltre che in laboratorio, parte delle analisi sono state effettuate anche al computer, grazie a database online contenenti l’intera sequenza genomica del Dna di diverse piante. Per quanto riguarda il garofano, ad esempio, in rete è disponibile l’informazione genetica della celebre varietà Francesco, creata nella seconda metà del secolo scorso dal rinomato ibridatore italiano Giacomo Nobbio. I ricercatori hanno dimostrato che particolari mutazioni in un gene chiave dello sviluppo del fiore ne alterano la regolazione, così da farlo lavorare più a lungo e portare appunto alla formazione di un’abbondanza di petali rispetto ai cinque che sarebbero la normalità nel garofano e in altre specie. Quest’informazione è di grande interesse per il florovivaismo, che conta su un giro d’affari multimiliardario a livello mondiale ed è sempre alla ricerca di nuovi prodotti da immettere sul mercato.
I “fiori doppi”, con aumentato numero di petali, sono infatti spesso preferiti dai consumatori e aumentano il valore commerciale di molte varietà.
Durante precedenti studi gli autori avevano già individuato la mutazione responsabile di questo carattere nel pesco e in alcune rose: «È stato davvero sorprendente analizzare uno ad uno i geni che ritenevamo coinvolti e ritrovare via via mutazioni analoghe nella rosa Rugosa, nei garofani e nelle popolari petunie doppie, tanto che abbiamo voluto coniare il nome Petalosa per la famiglia genica da noi caratterizzata», commenta Gattolin. «Il trasferimento di questa informazione a specie diverse non era affatto scontato, si pensi che le piante oggetto di questo studio sono talmente diverse che un loro antenato comune risale al Cretaceo, quando ancora il mondo era dominato dai dinosauri», spiega Rossini.
L’uomo, guidato dal suo ideale di senso estetico, ha selezionato nei secoli le mutazioni naturali avvenute nei geni Petalosa e ha favorito così la diffusione di varietà con fioriture spettacolari. Questa conoscenza può ora essere applicata allo sviluppo di nuove varietà a “fiore doppio” in altre piante, anche attraverso le nuove tecniche di genome editing, che consentono di modificare in maniera mirata specifiche sequenze geniche.
Che aggiungere? Che sdoganato dalla scienza il termine Petalosa, anche l’aggettivo petaloso coniato dal giovanissimo studente che si rivolse alla Crusca potrebbe una buona volta trovare posto nei vocabolari.