Dodici i giovani “nemici” che in questi giorni sono entrati a far parte della World House della Cittadella della Pace e si avviano a vivere e studiare insieme per due anni.
Da quest’anno per la prima volta anche la presenza del popolo ucraino.
Una nuova generazione di studenti in questi giorni è ufficialmente entrata a far parte della World House di Rondine, il programma biennale della Cittadella della Pace di Arezzo che promuove un percorso di formazione e convivenza per giovani “nemici” provenienti da luoghi di guerra o in cui gli echi del conflitto bellico sono ancora forti. Dopo i primi tre mesi di valutazione oggi sono parte integrante della Cittadella della Pace e iniziano il loro percorso di studio e di confronto per potersi formare come ambasciatori e futuri leader di pace per tornare nei propri Paesi e contribuire alla risoluzione dei conflitti nella loro terra.
Un master per sviluppare arricchire il bagaglio culturale e il percorso formativo di Rondine per implementare soft skills e competenze di progettazione per poter realizzare progetti concreti nei loro paesi. Ma soprattutto il Metodo Rondine per la trasformazione creativa del conflitto e la possibilità di sperimentarlo e praticarlo nel quotidiano, mettendosi in gioco per andare oltre i pregiudizi e le ragioni che separano i popoli in conflitto e poter decostruire giorno dopo giorno l’idea del nemico fino a costruire relazioni di amicizia che guardano al futuro. 12 i nuovi arrivati, che vanno ad unirsi agli 11 a Rondine già da un anno, oltre ai 10 partecipanti al progetto Mediterraneo Frontiera di Pace. 33 in tutto i giovani internazionali che animano la Cittadella a fianco dei 31 studenti di diciassette anni del Quarto Anno Rondine provenienti da tutta Italia.
Sono Solomon e Jean, dal Mali. Malak e Aula studentesse palestinesi. Due anche le studentesse israeliane Heli e Shira. Tre infine le coppie di nemici dal fronte Russia-Ucraina che con coraggio hanno accettato la sfida entrare in un percorso di confronto con l’altra parte in un momento così doloroso in cui, a quasi un anno dallo scoppio della guerra, il conflitto ha ancora un’intensità molto alta e un orizzonte di grande complessità e incertezza. Dalla Russia le giovani Sabina e Aleksandra, e lo studente Ilia. Dall’Ucraina Olekandra, Valeriia e Kateryna.
Sabina ha 28 anni, originaria della citta di Samara, alle frontiere con il Kazakistan dove si è occupata di rifugiati, ma oggi dichiara: “Sono qui per ricucire le relazioni tra ucraini e russi e mostrare che prima di tutto siamo persone che possono avere relazioni umane”. E ha iniziato dal primo giorno. Infatti è stata la prima russa ad arrivare e ha trascorso le sue prime ore a Rondine con le ragazze ucraine. “Sono loro grata perché hanno parlato in russo per rendermi la conversazione più facile. Questo piccolo gesto è stato molto toccante per me. E nonostante la situazione in Ucraina vedo che mi trattano come una persona e non come un nemico”.
Aleksandra ha 23 anni. Viene dalla Repubblica di Carelia, nel nord della Russia e ha studiato pubblicità, pubbliche relazioni e cinese a San Pietroburgo. Rondine è arrivata nella sua vita come una risposta al bisogno di contribuire alla costruzione della giustizia sociale nel mondo anche se non è stata una scelta semplice. “Ad un certo punto – afferma – la tua famiglia potrebbe non essere d’accordo con te. Ma non devo convincerli, litigare. È importante trovare qualcuno che possa essere di supporto nel momento in cui sembra che il mondo stia per crollare”.
Ilia, viene dalla Siberia, ha soli 25 anni ma ha già vissuto in molte città europee e negli Usa. Ha studiato relazioni internazionali e ha le idee molto chiare. “Quello che mi spaventa è che molte persone tendono a creare gruppi di nemici e incolparli. Voglio aiutare le persone a guardare oltre queste etichette e cercare cause e soluzioni reali ai problemi, in ambito sociale, economico e politico”. Ilia vuole guardare oltre la guerra, al futuro. “Tutti i conflitti e le guerre sono unici, ma hanno tutti qualcosa in comune: finiscono. Non importa quanto dure e violente siano state, alla fine, finiscono tutte. – continua – E molte guerre finiscono per volontà delle persone e per la loro stanchezza del conflitto. Ecco perché è importante pensare a cosa accadrà dopo e come potremo vivere tutti insieme”.
Dall’Ucraina conosciamo Olekandra, 22 anni laureata in diritto internazionale. È nata e cresciuta a Kharkiv, città che ha lasciato per la prima volta il marzo scorso quando ha dovuto evacuare. “Quando ho iniziato a compilare l’iscrizione a Rondine stavo bevendo un caffè al bar sperando di impedire alla guerra di estendersi. Quando l’ho inviata mi stavo nascondendo dai bombardamenti – racconta – sono molto grata per essere qui anche se è difficile perché significa avere una guerra nella mia patria. Ma credo fermamente che la nostra stessa presenza qui sia cruciale, perché è un primo passo che può segnare un percorso per le generazioni a seguire”.
Valeriia, proviene dalla provincia di Kyiv, dove si è specializzata nel campo dell’economia e del management internazionale. Il suo incontro con il nemico è avvenuto così: “Con Aleksandra ci siamo strette la mano per la prima volta in macchina mentre andavamo al supermercato. Dopo pochi giorni a Rondine mi sono ammalata e sono dovuta stare in isolamento e lei mi ha portato i miei biscotti preferiti, gli stessi che avevamo preso insieme quel giorno. La sua preoccupazione per gli altri, che tu sia un nemico o un migliore amico, mi ha impressionato così tanto, e lo fa ancora”.
Infine Kateryna. È di Kiev e ha 22 anni, ha studiato scienze politiche e ha iniziato a interessarsi al tema della pace da giovanissima. Ha lavorato come analista politico al Parlamento Europeo ed è stata responsabile del progetto Refugee Hub a Bucarest, per supportare i rifugiati ucraini in fuga dalla guerra. La decisione di entrare a far parte di Rondine non è stata facile per lei dopo l’inizio della guerra. “La rabbia verso coloro che hanno iniziato la guerra e la preoccupazione per i miei cari erano le emozioni dominanti in quel momento – racconta Kateryna – Non sapevo come avrei potuto condividere la mia vita quotidiana con gli studenti russi. Ma volevo anche raccontare loro la mia storia nella speranza che la capissero”. Poi è arrivata a Rondine. “Quando io e il mio “nemico” Ilia ci siamo incontrati per la prima volta, mi ha teso la mano e io, inconsciamente, ho nascosto la mia. Ilia allora ha teso la sua mano ancora una volta e io, con la paura e l’incertezza negli occhi, alla fine ho teso la mia. In quel momento, ho iniziato a cercare la pace nel mio cuore, la possibilità di riscoprire il mio vero io e la pace interiore attraverso la rabbia e la paura. Spero che Rondine diventi per me un luogo in cui trovare o costruire il mio personale percorso di perdono e riconciliazione, che poi condividerò con i miei connazionali a guerra finita”.