Sergio Floriani parte dalle tracce dell’uomo, dall’impronta lasciata come segno d’identità (unica e personale), per arrivare all’infinito. Il suo è un percorso evolutivo che comprende il segno, la forma e lo spazio, ma non dimentica il dialogo continuo con la materia, che gli fa perlustrare le possibilità della pittura e della scultura (due elementi che nelle opere di Floriani convivono sempre) e spazia dall’acciaio corten allo stagno, dalla catramina su carta giapponese alla sabbia su piombo, mentre il colore a volte si accende nelle tonalità più vivaci, quasi pop, e altre, per esempio quando racconta i contorni del lago o allude alle voci dell’anima, è capace di raccogliersi in tenui e silenziose gradazioni.
La mostra prenderà il via il 29 aprile a Novara, per poi proseguire a giugno, con una selezione di opere, a Villa Gippini (Orta San Giulio) e raccoglierà gli ultimi trent’anni di lavoro dell’artista, attraverso un cammino che non vuole essere cronologico, bensì tematico e iconografico.
Il percorso, a Novara come ad Orta, partirà dalle grandi sculture in acciaio corten e stagno, che sono un segno identificativo del lavoro dell’artista.
Sergio Floriani, Srotolare (bozzetto), 2001, ferro e stagno, 40 x 75 x 30 cm
Crediti fotografici: Graziano Piola
Nelle 11 sale del primo piano dello storico castello Visconteo-Sforzesco, saranno collocate un centinaio di sculture: da Divido per otto (2003) al Totem (2015) dove il frammento si alterna alla leggerezza e alla trasparenza; dai Signum (2009) ai Cerchi d’acqua, due serie in cui le parole (nei primi) e il colore (nei secondi) tracciano un nuovo alfabeto di lettere e di forme, passando per i colorati rilievi di ultima generazione, piccole e grandi tavole sulle quali il colore si distende senza sfumature e le sagome che vi affiorano, lontane sorelle delle prime impronte digitali, maculano la superficie trasformandola in materia cosmica. Il tema più ricorrente è il rapporto che s’instaura tra la forma e lo spazio, e nelle ultime opere questa correlazione è sottolineata dalla presenza o dall’assenza delle cornici: nel primo caso una cornice dorata, spesso d’epoca, segna il perimetro e contiene il colore, ma al contempo lo impreziosisce, lo “storicizza” e lo concentra, donandogli forza e misticismo; nel secondo caso, con la soppressione del bordo ligneo il colore ritorna libero di dilatarsi e di fondersi con lo spazio circostante, in una dimensione che è quasi filosofica.
Sergio Floriani, Cerchio d’acqua rosso, 1987, olio su tavola, Ø 132 cm
Crediti fotografici: Fortunato Vanini
Nelle sale di Villa Gippini verranno invece collocate alcune delle opere più significative, in armonia con l’architettura del palazzo, con la luce e con il colore del lago, quel lago che è stato d’ispirazione anche per Antonio Calderara, un artista che Floriani ha sempre ammirato e i cui consigli lo hanno convinto a votarsi definitivamente all’arte.
La mostra “TRACCE” di Sergio Floriani è sostenuta e promossa dalla Fondazione Cavaliere del Lavoro Alberto Giacomini, impegnata nella tutela, valorizzazione e diffusione della sensibilità artistica e culturale, sia a livello locale, essendo profondamente legata al territorio del lago d’Orta, che nazionale e internazionale.
La mission della Fondazione consiste nell’ideazione, promozione e divulgazione di temi, iniziative e importanti eventi culturali con la finalità di unire i valori dell’Arte a quelli dell’Ecosostenibilità.
La mostra ha il patrocinio della Provincia di Novara e dell’Agenzia Turistica Locale Terre dell’Alto Piemonte – Sede di Novara.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo che illustrerà tutte le opere esposte e da un testo critico firmato dalla curatrice.