Il 18 agosto 1868 l’astronomo francese Jules Janssen è il primo a osservare una traccia evidente di elio, come una linea gialla brillante con una lunghezza d’onda di 587,49 nanometri nello spettro della cromosfera del Sole, durante una eclissi solare.
L’elio (dal greco ἥλιος, hèlios, “sole”) è l’elemento chimico della tavola periodica che ha come simbolo He e come numero atomico 2. È un gas nobile incolore, inodore, insapore, non tossico e inerte. Dopo l’idrogeno, è il secondo elemento più leggero e il secondo più abbondante nell’universo osservabile.
La prima prova di elio fu osservata appunto il 18 agosto 1868, come una linea gialla brillante con una lunghezza d’onda di 587,49 nanometri nello spettro della cromosfera del Sole. La linea è stata rilevata dall’astronomo francese Jules Janssen durante un’eclissi solare totale a Guntur, in India. Inizialmente si pensava che questa linea fosse sodio. Il 20 ottobre dello stesso anno, l’astronomo inglese Norman Lockyer, osservò una linea gialla nello spettro solare, che chiamò D3 perché era vicina alle note linee di Fraunhofer del sodio D1 e D2. Ha quindi concluso che essa era stata causata da un elemento del Sole sconosciuto sulla Terra. Lockyer e il chimico inglese Edward Frankland chiamarono l’elemento con la parola greca per il Sole, ἥλιος (helios).
Nel 1881, il fisico italiano Luigi Palmieri rilevò per la prima volta l’elio sulla Terra attraverso la sua linea spettrale D3, quando analizzò un materiale che era stato sublimato durante una recente eruzione del Vesuvio.
Il 26 marzo 1895, il chimico scozzese Sir William Ramsay isolò l’elio sulla Terra trattando il minerale cleveite (una varietà di uraninite con almeno il 10% di elementi di terre rare) con acidi minerali. Ramsay era alla ricerca di argon ma, dopo aver separato azoto e ossigeno dal gas, liberato dall’acido solforico, ha notato una linea gialla brillante che corrispondeva alla linea D3 osservata nello spettro del Sole. Questi campioni sono stati identificati come elio da Lockyer e dal fisico britannico William Crookes. Fu isolato dalla cleveite, nello stesso anno, dai chimici Per Teodor Cleve e Abraham Langlet, a Uppsala, in Svezia, che raccolsero abbastanza gas per determinarne con precisione il peso atomico. L’elio è stato anche isolato dal geochimico americano, William Francis Hillebrand, prima della scoperta di Ramsay, quando notò insolite righe spettrali mentre testava un campione del minerale uraninite. Hillebrand, tuttavia, attribuì le linee all’azoto. La sua lettera di congratulazioni a Ramsay offre un interessante caso di scoperta, e quasi scoperta, nella scienza.
Nel 1907, Ernest Rutherford e Thomas Royds dimostrarono che le particelle alfa sono nuclei di elio, permettendo alle particelle di penetrare nella sottile parete di vetro di un tubo evacuato, creando quindi una scarica nel tubo, per studiare lo spettro del nuovo gas all’interno. Nel 1908, l’elio fu liquefatto per la prima volta dal fisico olandese Heike Kamerlingh Onnes raffreddando il gas a meno di 5 K (-268,15 °C; -450,67 °F). Cercò di solidificarlo, riducendo ulteriormente la temperatura, ma fallì, perché l’elio non si solidifica a pressione atmosferica. Lo studente di Onnes Willem Hendrik Keesom fu infine in grado di solidificare 1 cm3 di elio nel 1926 applicando una pressione esterna aggiuntiva.
Nel 1938, il fisico russo Pyotr Leonidovich Kapitsa scoprì che l’elio-4 non ha quasi viscosità a temperature prossime allo zero assoluto, un fenomeno ora chiamato superfluidità. Questo fenomeno è legato alla condensazione di Bose-Einstein. Nel 1972, lo stesso fenomeno fu osservato nell’elio-3, ma a temperature molto più vicine allo zero assoluto, dai fisici americani Douglas D. Osheroff, David M. Lee e Robert C. Richardson. Si pensa che il fenomeno nell’elio-3 sia correlato all’appaiamento di fermioni dell’elio-3 per produrre bosoni, in analogia alle coppie di elettroni di Cooper che producono superconduttività.
Immagine d’apertura: Pierre Jules Janssen, scopritore dell’elio, in una foto del 1895 circa
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