Il rossetto sembrava posseduto da vita propria. Guizzava e sgusciava tra le sue mani sudate. Giuliana si era rifugiata da ormai troppo tempo nella toilette del ristorante. Lì, tra lussuose piastrelle di maiolica e vezzosi lavabi, di fronte all’immenso specchio ovale che avrebbe fatto la gioia di generazioni di principi sauditi, la ragazza continuava a tremare.
Aveva cominciato in maniera impercettibile, quando Carlo, con quel suo fare d’altri tempi che l’aveva dapprima incuriosita e poi attratta, si era alzato vedendola entrare nel ristorante.
Carlo: paziente, gentile, controllato. Sempre disponibile. No, doveva essere sincera. Non era solo questo. Con lui aveva raggiunto un’intimità complice e profonda. Restavano storditi l’uno tra le braccia dell’altro, quindi castamente avvinti, in un dopo di sussurri e tenerezza. Rivestendosi, lei osservava le spalle ampie e i muscoli tonici di lui che si tendevano nell’infilarsi la camicia a sottili righine blu, sempre perfettamente stirata. Era decisamente un uomo attraente.
Imma di Nardo
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