Abbattere i pregiudizi. Abbattere quelli rivolti agli Skinheads. Del resto, ciò che porta, molto spesso, al diffondersi – appunto – di pregiudizi e maldicenze è l’ignoranza, la scarsa voglia di interessarsi ad un determinato argomento, prendendolo per buono dopo averlo sentito riportare da qualcuno altro o, tristemente, da qualche giornale o notiziario. Questo è quello che succede quando si sente parlare di Skinheads. Nella concezione comune, lo Skinhead è un ragazzo o uomo rasato, con anfibi e credi politici neonazisti o neofascisti e nulla potrebbe esserci di più sbagliato. Ciò che ha portato ad una simile confusione, è la diffusissima disinformazione, la superficialità con cui i media tendono ad affibbiare nomi e classificazioni generiche a tutto ciò che reputano “underground” e ai limiti della società. Ciò che in realtà ha da sempre contraddistinto lo Skinhead è proprio il suo forte impegno antirazzista, una lotta portata avanti con la musica tanto quanto con le azioni. Il movimento socioculturale degli Skinhead nasce alla fine degli anni ’60, prendendo come data di riferimento proprio il 1969, da cui deriva il motto ricorrente “spirit of ’69”. La cultura degli Skinheads, come quasi tutte le culture giovanili, è fortemente legata alla musica, nello specifico alla musica Ska, che può essere descritta in modo semplice come l’incontro fra il beat dei Mod e le sonorità Jamaicane. È un genere musicale nato dall’incontro di due culture, di due società che coesistevano nell’Inghilterra di quegli anni e degli anni a venire ed è proprio su questa coesistenza che si basa l’essenza di ogni Skinhead, che nasce come fenomeno apolitico ma dal forte carattere antirazzista.
“Just because you’re a black boy, Just because you’re a white, It doesn’t mean you’ve got to hate him, It doesn’t mean you’ve got to fight.”
Così cantava la revival band “The Specials” in un famoso brano. Questa pietra miliare della cultura Skinhead degli anni ottanta, ad esempio, ha sempre scritto brani contro il razzismo, contro il British National Front – partito di estrema destra britannico – ed al contempo brani atti a sensibilizzare sul problema della parte più delinquente della stessa società e dello stesso mondo di cui facevano parte. Famosissimo il brano usato in diversi jinlge “ A message to you Rudy” in cui spronano un ragazzo scapestrato che usa delinquere, a pensare al proprio futuro ed ad abbandonare le cattive abitudini. Molteplici, sono gli esempi nel TwoTone Ska – lo Ska degli anni ’80 – di testi socialmente impegnati a combattere tutto ciò per cui, la concezione comune, incolpa proprio gli Skinhead. Il problema si ebbe quando ai concerti Ska si affacciarono i primi ragazzi di estrema destra, che assunsero l’aspetto della loro controparte apolitica, dando vita al movimento dei Naziskin. Purtroppo, però, le informazioni che circolarono furono da sempre distorte e non vi fu quasi mai una distinzione fra Skinhead e Naziskin, il che portò all’errata convinzione popolare che vede indistintamente tutti gli Skins come neo fascisti o neo nazisti, rovinando così il messaggio che l’intera comunità si impegna da sempre a diffondere tramite gesti e canzoni. La speranza, però, resta sempre viva e quello che ci si augura è che, nonostante queste difficoltà causate soprattutto dalla mal informazione, il messaggio trasmesso dagli Skinheads della S.H.A.R.P – SkinHeads Against Racial Prejudice – possa arrivare a più persone possibile.
Giorgia Santini
Skinheads, tra ska e antirazzismo
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