Con Soggetto nomade il Centro Pecci di Prato raccoglie per la prima volta in un mostra gli scatti di cinque fotografe italiane realizzati tra la metà degli anni Sessanta e gli anni Ottanta, restituendo da angolazioni diverse il modo in cui la soggettività femminile è vissuta, rappresentata, interpretata in un periodo di grande cambiamento sociale per l’Italia.
La mostra si aprirà venerdì 14 dicembre per chiudersi il 3 marzo.
I venti anni che le opere delle 5 fotografe abbracciano sono anni di transizione dalla radicalità politica all’edonismo, anni di piombo ma anche anni di grande partecipazione e conquiste civili, dovute principalmente proprio alle donne, e alle battaglie femministe.
Una riflessione sull’identità e sulla sua rappresentazione che prende le mosse dagli straordinari ritratti dei travestiti di Genova di Lisetta Carmi (Genova, 1924), dove la femminilità è un’aspirazione, e si declina attraverso le immagini di attrici, scrittrici e artiste di Elisabetta Catalano (Roma, 1941-2015), gli scatti sul movimento femminista di Paola Agosti (Torino, 1947), le donne e le bambine di una Sicilia sfigurata dalla mafia di Letizia Battaglia (Palermo, 1935) e infine gli uomini che per un giorno assumono l’identità femminile nel carnevale di piccoli centri della Campania esplorati da Marialba Russo (Napoli, 1947).
In Italia il pieno accesso di fotoreporter, fotografe e artiste all’interno del sistema dell’arte e del fotogiornalismo ha avuto inizio a partire dagli anni Sessanta, in concomitanza con i cambiamenti socio-politici e con le molteplici istanze sollevate dal femminismo. Pur appartenenti a generazioni diverse ognuna delle fotografe in mostra si è confrontata con le trasformazioni sociali in atto nella società italiana, originando riflessioni personalissime sull’immagine della donna e più propriamente dell’identità femminile e sui suoi sconfinamenti, sul senso dell’alterità attraverso una sensibilità che ha fatto proprio il pensiero della differenza.
Il medium fotografico diviene in questi anni strumento per eccellenza per rappresentare una nuova centralità attribuibile al corpo della donna e alle sue trasformazioni, alle esperienze personali e ai vissuti familiari, al rapporto tra memoria privata e storia collettiva. Le immagini in mostra condividono la rappresentazione di un vasto e non canonico universo femminile inteso in senso ampio, dove il corpo non è solo oggetto dello sguardo esterno, prevalentemente maschile, ma diviene soggetto agente, veicolo con cui esprimere valori altri, non standardizzati o eteronormati.
L’immagine del femminile è quindi al centro della mostra, un’immagine che viene amplificata, esposta e destrutturata, facendosi ora veicolo di valori non borghesi, ora rappresentazione vivida di un’interiorità che riesce a scardinare gli stereotipi.
In mostra una selezione di oltre cento scatti a documentare un periodo di circa vent’anni: una testimonianza dell’emergere di nuove e plurali urgenze espressive, che pur non assimilabili ad uno “specifico femminile”, offrono uno sguardo delle donne sulle donne e sulla loro identità.
Il titolo della mostra si riferisce alla seminale raccolta di saggi di Rosi Braidotti Soggetto nomade. Femminismo e crisi della modernità (Donzelli, Roma 1995) in cui la filosofa tratteggia una nuova soggettività sessuata e molteplice, multiculturale e stratificata, come quella rappresentata negli scatti delle fotografe presentate in mostra.
Paola Agosti
Nata nel 1947 a Torino, ha iniziato nel 1969 la sua attività di fotografa indipendente che l’ha portata a viaggiare in Europa, Sud America, Stati Uniti, Africa, dove ha incontrato e ritratto leader politici, uomini di cultura e artisti di fama internazionale. Si è occupata con particolare attenzione di volti e questioni del mondo femminile. Ha indagato la fine della civiltà contadina del Piemonte più povero, le vicende dell’emigrazione piemontese in Argentina e ha fotografato i grandi protagonisti della cultura europea del Novecento, realizzando alcuni volumi e mostre su questi temi. Ha pubblicato dal 1976 ad oggi innumerevoli libri fotografici e ha esposto le sue immagini (alcune delle quali fanno parte delle collezioni permanenti di vari musei) in Italia e all’estero. Negli ultimi anni ha inoltre curato vari volumi dedicati alle memorie familiari, storie individuali che diventano Storia.
Letizia Battaglia
Letizia Battaglia nasce a Palermo nel 1935 ed è considerata una delle fotografe più importanti a livello mondiale. È conosciuta per le sue opere che ritraggono le vittime e i personaggi del mondo mafioso, ma non è solo “fotografa della mafia”: è considerata una delle figure più importanti della fotografia contemporanea per i suoi lavori saldamente presenti nell’immaginario collettivo e per il valore civile ed etico da lei attribuito al fare fotografia. Il suo impegno la vede attiva in varie iniziative rivolte alla città di Palermo, tanto che dal 2017 è direttrice del Centro Internazionale di Fotografia. Letizia Battaglia è stata la prima donna europea a ricevere nel 1985 il Premio Eugene Smith, a New York, riconoscimento internazionale istituito per ricordare il fotografo di Life. Tra i premi ricevuti, ricordiamo il Deutschen Gesellschaft für Photographie (2007) o il Cornell Capa Infinity Award di New York (2009). Il New York Times l’ha inserita nella lista delle 11 donne del 2017 che si sono distinte per il loro impegno.
Elisabetta Catalano
Elisabetta Catalano ha vissuto e lavorato a Roma. Ritrattista di fama internazionale, è considerata la testimone d’eccellenza della vita degli artisti e dei personaggi della letteratura, arte, spettacolo e della cultura in generale che hanno attraversato la storia d’Italia dagli anni Settanta ai giorni nostri. La sua carriera inizia collaborando con Vogue Italia, Il Mondo e l’Espresso e tutta la stampa italiana e straniera. Nel 1971 lavora a New York per Vogue America e a Parigi per Vogue Francia, fotografando per la moda personaggi dello spettacolo e della vita sociale. Negli anni Settanta decide definitivamente di dedicarsi alla ritrattistica e fotografa nel suo studio di Roma gli artisti più importanti dei movimenti di avanguardia come Alighiero Boetti, Joseph Beuys, Gilbert & George, Sandro Chia, Enzo Cucchi, Francesco Clemente, Cesare Tacchi, Jannis Kounellis, Michelangelo Pistoletto, Vettor Pisani e molti altri.
Lisetta Carmi
Nata a Genova il 1924 da una famiglia borghese di origine ebraica, Lisetta Carmi abbandona nel 1960 l’attività di pianista per la fotografia, ravvisando in essa uno strumento di impegno politico e un mezzo per compiere, attraverso lo sguardo sugli altri, un profondo percorso di ricerca esistenziale. Dopo una prima esperienza al teatro Duse, firma quindi fra gli anni Sessanta e i Settanta reportage di documentazione e denuncia sociale come quello sulle difficili condizioni di lavoro dei portuali genovesi. Produce foto-racconti che si impongono per la capacità di andare oltre alla visione corrente delle cose e di coglierne con singolare intensità e drammaticità l’intimo delle persone. Fra il 1958 e il 1967 visita ripetutamente Israele, per meglio comprendere il significato dell’appartenenza al popolo ebraico e poi nei primi anni Settanta viaggia lungamente in Afghanistan e in India, paesi in cui scopre una visione della vita più affine al suo sentire. I suoi soggiorni in oriente culminano con l’incontro con il maestro induista Babaji e segnano una seconda svolta della sua vita. Fonda a Cisternino in Puglia un ashram dove si dedicherà alla diffusione dell’insegnamento del maestro e al recupero dei tossicodipendenti accolti dal centro.
Marialba Russo
Marialba Russo, nata a Giugliano in provincia di Napoli nel 1947, vive a Roma dal 1987. Studia pittura all’Accademia di Belle Arti di Napoli per avvicinarsi alla fotografia alla fine degli anni Sessanta, mezzo con cui inizia a indagare principalmente le rappresentazioni religiose e alle feste popolari dell’Italia centro-meridionale. Accanto alla ricerca personale e all’attività espositiva collabora con Vogue Italia e altre testate giornalistiche italiane e straniere. Negli anni successivi la Russo è presente in diverse manifestazioni e iniziative dedicate alla fotografia in Europa e negli Stati Uniti, mentre continua a collaborare con alcune università italiane dove tiene corsi di fotografia. Nel 1989 la Galleria d’Arte Moderna Giorgio Morandi di Bologna le dedica una retrospettiva, la cui monografia è accompagnata da una lettera di Alberto Moravia. Negli anni Novanta l’autrice muove la sua ricerca in una riflessione più intima e analitica, dove il paesaggio è metafora di un tempo interiore. Le due esposizioni Incantesimo, proposta dal Museo della Fotografia di Salonicco nel 2001, e Passi al Jin Tai Art Museum di Pechino nel 2003 sono brevi sequenze date in anteprima e tratte da Incanto, lavoro a cui l’autrice si è dedicata per dieci anni, dal 1990 al 2000.