Il 5 maggio 1860 parte da Quarto in Liguria la Spedizione dei Mille, uno degli eventi cruciali del Risorgimento.
Nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1860, un migliaio di volontari, al comando di Giuseppe Garibaldi, partì da Quarto (nei pressi di Genova) nel territorio del Regno di Sardegna alla volta della Sicilia, nel Regno delle Due Sicilie. Lo scopo della spedizione era di appoggiare le rivolte scoppiate nell’isola e capovolgere il governo borbonico. I volontari sbarcarono l’11 maggio presso Marsala e, grazie al contributo di volontari meridionali e allo sbarco di altre spedizioni garibaldine, aumentarono di numero creando l’Esercito meridionale, il quale si mosse verso nord alla volta di Napoli. Dopo una serie di battaglie vittoriose contro l’esercito borbonico, i volontari garibaldini riuscirono a conquistare tutto il Regno delle Due Sicilie permettendone l’annessione al nascente Stato italiano.
Nel marzo 1860, un anno dopo la fine della seconda guerra d’indipendenza italiana, restavano in Italia tre Stati: il Regno di Sardegna, con Piemonte (inclusa Aosta), Liguria, Sardegna e ora Lombardia (eccetto Mantova), Emilia-Romagna e Toscana; lo Stato Pontificio, con Umbria (inclusa Rieti), Marche, Lazio (con l’intoccabile Roma) e le exclave di Pontecorvo e Benevento; il Regno delle Due Sicilie, con Abruzzo (inclusa Cittaducale), Molise, Campania (incluse Gaeta e Sora), Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia. A questi si può aggiungere la piccola Repubblica di San Marino, che tuttavia si era sempre mantenuta distante da ogni spinta unificatrice col resto della penisola.
Inizialmente Garibaldi non era a favore dello sbarco in Sicilia, in effetti questi pensava di sfruttare il favorevole momento di giovanile entusiasmo patriottico per tentare un’invasione dello Stato Pontificio con una rapida e fulminea marcia su Roma. Impresa questa sicuramente più facile, come gli prospettavano i suoi più fidi amici, che affrontare una lunga navigazione e sfuggire al controllo delle 24 navi della Marina borbonica senza essere catturati o affondati. Inoltre in Sicilia i garibaldini avrebbero dovuto affrontare un forte esercito di 25.000 soldati, senza considerare altre difficoltà, come superare lo Stretto di Messina. Si riporta che nel 1854 fosse stato Mazzini a prospettare a Garibaldi, allora di ritorno dall’America con un carico di carbone, l’idea di una spedizione in Sicilia e che poi tale idea fosse stata successivamente ripresa dagli stessi siciliani. Sarebbe stato Francesco Crispi, nel 1859, a pensare concretamente a una spedizione in Sicilia per aiutare la sollevazione popolare antiborbonica nell’isola e avrebbe avuto anche un ruolo importante nel convincere Garibaldi a intraprendere la spedizione e a fugare gli ultimi dubbi sorti due giorni prima della partenza, a causa dei pericoli prospettati da alcuni fedeli del generale sulla difficoltà dell’impresa, che avrebbe potuto concludersi male come nel caso di Gioacchino Murat, Pisacane e dei fratelli Bandiera.
Il 26 ottobre 1860, dopo il successo della spedizione, Vittorio Emanuele II incontrò Giuseppe Garibaldi, in quello che diverrà noto come l’incontro di Teano: si concludeva così simbolicamente la Spedizione dei Mille. Garibaldi salutò Vittorio Emanuele come re d’Italia, consegnandogli le terre appena conquistate. Unificata la penisola italiana, Vittorio Emanuele II poté essere proclamato Re d’Italia dal neoeletto parlamento italiano riunito a Torino. Il sovrano sabaudo mantenne il numerale II e il neoproclamato Regno d’Italia conservò l’apparato normativo e costituzionale del precedente Regno di Sardegna, con la costituzione definitivamente estesa a tutte le province del nuovo regno.
La vicenda della spedizione di Garibaldi era stata commentata da molti giornali internazionali, che riportavano notizie a volte molto diverse da quelle poi accertate dagli storici, sia sul numero dei volontari, sia delle armi imbarcate, oltre che sul numero delle navi, che secondo la stampa di quei giorni, risulterebbero superiori alle due conosciute. Le vicende militari della spedizione in Sicilia venivano commentate dalla stampa internazionale in articoli con notizie riferite da fonti, che pur potendo commettere eventuali errori di valutazione, rappresentavano comunque la testimonianza diretta da parte di chi si trovava sui luoghi degli avvenimenti. Secondo tali fonti giornalistiche il numero dei siciliani insorti in tutta la Sicilia veniva stimato tra i 20.000 o 30.000.