Bianchi Meloni Vivoli

Svolta!: “Vicofaro non è una buona pratica ma un esempio di umanità”

Vicofaro non è una best practice di integrazione e inserimento ma è «sicuramente un esempio di umanità». Lo scrivono il consigliere regionale Gabriele Bianchi, Elisa Meloni​ di Volt e Massimiliano Vivoli di Italia in Comune, che con la lista Svolta! appoggeranno il candidato del centrosinistra Eugenio Giani.

Vicofaro, spiegano, è «nato dalla volontà di dare alloggio ai rifugiati in seguito allo smantellamento del sistema di accoglienza da parte delle scellerate politiche migratorie del governo giallo-verde, che vedeva al tempo Ministro dell’Interno Matteo Salvini, e che sono ancora al loro posto con quello giallo-rosso. I cosiddetti decreti sicurezza a firma leghista hanno creato una situazione di vuoto istituzionale e operativo, non solo per la gestione dei flussi migratori in arrivo nel nostro Paese, ma anche in relazione a tutte quelle persone già presenti sul nostro territorio che si sono viste, da un giorno all’altro, espulse dai percorsi di inserimento e abbandonate al margini di una strada».

Ciò detto, dividersi aprioristicamente, senza far distinzioni, sulla figura e l’attività di Don Biancalani significa non affrontare i problemi. «Elogiamo le intenzioni di Don Biancalani e della sua comunità, ma ci teniamo a dire che per Svolta! lasciare le cose come stanno, con tanti giovani stipati in condizioni precarie, con un approccio alla giornata basato su espedienti e senza percorsi strutturati di integrazione e inserimento non è la soluzione giusta – si legge nella nota di Svolta! – Riteniamo ancora peggiore la proposta di Susanna Ceccardi della Lega, che vorrebbe sgomberare i locali della chiesa per togliere definitivamente ogni umanità e dignità alle persone che lì hanno trovato rifugio – continuano i rappresentanti di Svolta! – Ci chiediamo a questo punto: quale sarebbe stata la reazione di Susanna Ceccardi, se invece di esseri umani si fosse trattato di Chihuahua? Una soluzione va comunque trovata e al più presto. Una soluzione sostenibile nel tempo, di ampio respiro, riproducibile, ma soprattutto condivisa con tutti gli attori della vicenda: comunità locale, la comunità di Don Biancalani e i suoi ospiti. Meno sotto i riflettori e più concreta».

Don Biancalani, secondo Svolta!, non ha finora aiutato a centrare la questione. «La scelta di Don Biancalani di una comunicazione spesso sopra le righe, fatta di scaramucce mediatiche con varie parti politiche, a parer nostro distoglie l’attenzione dalla natura profonda e dalla complessità del problema e dalle alternative di maggior successo che possono essere valutate per perseguire gli stessi obiettivi di umanità, senza tuttavia creare un ingombrante corpo estraneo all’interno di una comunità, che genera pericolose tensioni, sfugge a qualunque forma di pianificazione a lungo termine e infine fallisce nei suoi obiettivi originari – scrivono ancora – Cari toscani, non facciamoci ingannare da chi ci propone solo due soluzioni contrapposte a un problema complesso, presentando la falsa alternativa sicurezza VS umanità: l’accoglienza
diffusa è la chiave di (S)volta», si legge infine nella nota.

A margine del comunicato, Bianchi, Meloni e Vivoli rispondono anche al vescovo di Pistoia Fausto Tardelli. Si dicono d’accordo sulla posizione della chiesa pistoiese, espressa in un’intervista da monsignor Tardelli, ma tengono a precisare tre punti: «La vicenda di Vicofaro ​ è un problema politico, perché non solo va ad intaccare la vita delle persone ospitate nella parrocchia di Don Biancalani, ma si riflette anche sulla vita dei cittadini che abitano nelle vicinanze ai quali le istituzioni devono dare risposte; il completo abbandono da parte delle istituzioni e la conseguente anarchia data dall’assenza di regole certe portano alla creazione di sacche di criminalità e tensioni sociali, che proprio la politica deve evitare; la campagna elettorale serve per far conoscere ai cittadini le idee che muovono le azioni dei candidati. Purtroppo, col tempo, questa è diventata sinonimo di “posizioni e parole acchiappavoti”, sminuendo così quello che dovrebbe essere il mestiere dell’amministratore della cosa pubblica, cioè ascoltare i problemi dei territori e proporre delle soluzioni non unilaterali, ma condivise».

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