Whatsapp e Telegram

Telegram contro Whatsapp, una partita che segna la fine di un’egemonia?

Tutti conosciamo WhatsApp: creata nel 2009 da Brian Acton e Jan Koum, ex-impiegati della società informatica Yahoo!, è la più famosa applicazione di messaggistica istantanea per smartphone. Oltre a scambiarsi messaggi di testo, gli utenti di WhatsApp possono condividere immagini, video, file audio, contatti della rubrica e dati relativi alla propria posizione geografica, creare chat di gruppo e fare chiamate VoIP. L’uso dell’applicazione è gratuito per i primi dodici mesi dall’installazione, mentre in seguito è solitamente necessario pagare una piccola tariffa annuale.
All’inizio del 2014 WhatsApp fu acquisita da Mark Zuckerberg, fondatore, presidente e amministratore delegato di Facebook, per la “modica” cifra di 19 miliardi di dollari. Nell’agosto di quest’anno l’applicazione ha raggiunto i 900 milioni di utenti attivi al mese.

Telegram, classe 2013, è un servizio di messaggistica istantanea concepito dai fratelli Nikolai e Pavel Durov, fondatori del social network russo VK. L’applicazione offre gli stessi servizi della precedente, ad esclusione delle chiamate.
Oltre alle normali chat (che rimangono memorizzate sui server per poter essere sincronizzate fra più dispositivi), Telegram offre la possibilità di utilizzare quelle segrete (cifrate fra i due dispositivi coinvolti), notevolmente più sicure dal punto di vista della privacy. Si bisbiglia persino che l’applicazione abbia ereditato alcune caratteristiche dai modelli operativi militari utilizzati dai vecchi servizi segreti di Mosca.
I messaggi scambiati ogni giorno nel mondo utilizzando Telegram sono più di 12 miliardi. Il divario con WhatsApp (che ad aprile ha segnato il record di 64 miliardi) sembra ancora incolmabile, eppure l’applicazione dei fratelli Durov cresce ad un ritmo impressionante se consideriamo che lo scorso maggio gestiva “solo” 2 miliardi di messaggi. Purtroppo, però, gli utenti attivi sono fermi a 60 milioni.

Ora che entrambe le applicazioni sono state presentate, è d’obbligo fare un rapido confronto.
Il costo di Whatsapp è minimo, ma per pagare l’abbonamento è necessario utilizzare una carta di credito. Telegram è gratuito e i suoi creatori affermano che l’applicazione non è pensata per produrre profitti, non venderà mai pubblicità e non accetterà finanziamenti esterni.
Telegram è decisamente più snella e veloce di WhatsApp: è possibile scorrere chat lunghissime senza dover attendere i tempi di caricamento. Inoltre non è necessario fare alcun backup delle conversazioni e non si rischia di perderle se il telefono viene resettato.
Su WhatsApp, per tornare all’ultimo messaggio letto in una chat di gruppo, è necessario scorrere tutti i messaggi ricevuti, mentre in Telegram la conversazione si apre esattamente all’ultimo messaggio visualizzato.
Telegram offre emoticon particolari, dette “stickers” (i temi degli adesivi vanno da serie tv e cartoni animati fino a Gianni Morandi), che rappresentano interessanti alternative alle tradizionali faccine di WhatsApp.
Telegram permette l’invio di file fino a 1.5 Gb, mentre WhatsApp consente a stento l’invio di 160 Mb e non supporta tutti i formati.
Sulla privacy non c’è gara, e non solo grazie alle chat cifrate. Tra i motivi che hanno spinto gli utenti verso Telegram c’è sicuramente l’acquisizione di WhatsApp da parte di Zuckerberg: molti si sono chiesti come tutelarsi dall’intrusione di Facebook in più di 450 milioni di rubriche telefoniche. Come se non bastasse, secondo una ricerca condotta dalle Università di Brno e di New Haven, WhatsApp raccoglierebbe dati delle telefonate all’insaputa degli utenti per produrre informazioni con rilevanza di mercato.
L’unico lato da cui WhatsApp stravince è quello dei fruitori: Telegram è ancora molto lontana dal raggiungere la popolarità della prima.

Tirando le somme, l’applicazione “made in Usa” è largamente in vantaggio rispetto alla giovane concorrente, eppure Telegram è stata in grado di raggiungere risultati straordinari e probabilmente riserverà ancora interessanti sorprese.

Annalisa Sichi

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