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TELESCOPE | racconti da lontano #179

    EDITORIALE ​​Siete nella Valle dei Giganti in Australia, una foresta di eucalipti che ha più di 400 anni, e avete alzato gli occhi per ammirare l’incredibile altezza che raggiungono questi alberi maestosi (il più alto del mondo – 99,6 metri – si chiama Centurion e si trova in Tasmania): osservando le chiome, notate subito delle spaziature regolari tra le foglie più alte, come se i rami superiori evitassero di toccarsi. Si chiama “timidezza delle chiome ed è un comportamento che solo alcune piante assumono, sviluppando la propria volta arborea senza toccare quella degli alberi vicini, e andando a comporre quello che dall’alto appare poi un mosaico verde.Gli scienziati si dividono sulla spiegazione di questo fenomeno, ancora in corso di studio, alcuni la ritengono una forma di evoluzione come risposta indotta dall’attrito con le chiome adiacenti, o una fuga dall’ombra causata dalle piante vicine che inibirebbe la fotosintesi, o un tentativo di ridurre la possibilità che parassiti o animali erbivori si muovano da un albero all’altro: tutti fenomeni considerabili una forma di convergenza evolutiva, ossia un comportamento simile, sviluppato indipendentemente da specie diverse.Le piante sentono meglio degli animali. Perché gli animali, e noi tra loro, risolvono quasi tutto col movimento. Una pianta invece deve risolvere il problema, non può scappare.Così dice Stefano Mancuso che, a quella che viene da lui definita intelligenza delle piante, si dedica da una vita. Muoversi piano, aspettare, crescere nel rispetto altrui, gestire lo spazio: forse dovremmo guardare di più all’esempio di questi straordinari esseri viventi che abitano la Terra da molto più tempo di noi. Forse la loro intelligenza millenaria, così diversa dalla nostra, è un esempio da non sottovalutare. In questa centosettantanovesima edizione di TELESCOPE, la nostra newsletter settimanale dedicata alle istituzioni e ai progetti culturali di cui siamo portavoce, tra i RACCONTI trovate un testo di Donatella Giordano contributor di Artribune, dedicato alla mostra Bertina Lopes. Via XX Settembre 98, la casa come luogo di resistenza al Museo delle Civiltà di Roma; un racconto di Sabrina Vedovotto, storica dell’arte, curatrice e critica indipendente, dedicato alla mostra di Augustas Serapinas Baltic Adventure negli spazi di FOROF a Roma; e un testo di Annarita Briganti, scrittrice, giornalista di Repubblica e opinionista televisiva, dedicato a Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri, progetto a cura di Fosbury Architecture per il Padiglione Italia alla 18. Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia.Tra i VIDEO proponiamo un teaser dedicato alla mostra in corso alla GAMeC di Bergamo Ali Cherri. Dreamless Night, presentata insieme a Fondazione In Between Art Film e Frac Bretagne, e un altro che anticipa la mostra Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma alla Galleria Borghese, seconda tappa del progetto Rubens! La nascita di una pittura europea, realizzato in collaborazione con Fondazione Palazzo Te e Palazzo Ducale di Mantova.Tra gli EXTRA segnaliamo le mostre di Giovanni Ozzola Senza Te, Senza Nord, Senza Titolo negli spazi di Manifattura Tabacchi a Firenze e Arranging Proximities di Loris Cecchini negli spazi di UMoCA – Under Museum of Contemporary Art a Colle Val d’Elsa, promosse da Associazione Arte Continua; l’esposizione multimediale permanente di CAMERA Torino, La storia della fotografia nelle tue mani, nata per consentire anche alle persone cieche o ipovedenti l’accesso a materiali sulla storia della fotografia; e la mostra The Purple Chamber di Paul Maheke parte di Project Room, il progetto osservatorio di Fondazione Arnaldo Pomodoro. Buona lettura!Lo staff di Lara Facco P&C#TeamLara Vi ricordiamo che l’archivio di tutte le edizioni di TELESCOPE è disponibile su www.larafacco.com TELESCOPE. Racconti da lontanoIdeato e diretto da Lara FaccoEditoriale e testi a cura di Annalisa InzanaRicerca ed editing Camilla Capponi, Alberto Fabbiano, Martina Fornasaro, Marianita Santarossa, Claudia Santrolli, Denise Solenghi, Alessandro Ulleri, Carlotta Verrone, con la collaborazione di Margherita Animelli, Michela Colombo, Nicolò Fiammetti, Andrea Gardenghi, Margherita Villani, Victoria Weston e Marta Zanichelli. domenica 22 ottobre 2023RACCONTI   Perchè andare alla mostra di Bertina Lopes al Museo delle Civiltà? di Donatella Giordano Parlare di arte africana è utile per aprire alcune riflessioni necessarie sull’operazione di omologazione ed etnicizzazione che l’Occidente ha compiuto sulle arti extraeuropee. Genericamente il termine “arte africana contemporanea” viene utilizzato per raggruppare, senza distinzioni, le ricerche artistiche di cinquantaquattro stati diversi. Questa omologazione è avvenuta probabilmente a causa di un’incapacità generalizzata di percepirne le differenze. Per fortuna sono sempre più numerosi i curatori, gli storici dell’arte e gli artisti del continente africano che lavorano con l’idea di creare una nuova narrazione, aprendo una serie di considerazioni ancora oggi necessarie. Si tratta di un metodo difficile da scardinare ma che possiamo di certo riconsiderare in un’ottica di valorizzazione e di confronto.La piccola esposizione dedicata a Bertina Lopes, per di più, fa parte di una più ampia operazione che vuole rileggere la storia dell’ex Museo Coloniale. Dalla memoria critica del contesto originale rinasce così uno spazio di condivisione, di ricerca e confronto.In questa direzione, la mostra dell’artista di origine mozambicana contribuisce a riscriverne la sua storia attraverso una particolare ricostruzione che immerge lo spettatore al di là del tempo.Lo spazio cubico che si staglia appena sopra la scalinata centrale del museo, infatti, nasconde all’interno una parziale messa in scena che rievoca l’atmosfera dell’abitazione romana dell’artista, punto d’incontro per intellettuali, artisti, poeti, rifugiati politici e attivisti.Prima di varcare la soglia, un grande mobile collocato all’esterno raccoglie una ricca documentazione che fornisce già una preliminare idea della grande sensibilità che caratterizzava “Mamma B.”, com’era affettuosamente chiamata Bertina Lopes. Oltre alle foto che la ritraggono con il secondo marito Franco Confaloni e con il figlio Virgilio de Lemos, ci sono libri, cataloghi, locandine e altre fotografie, come quella con il presidente della Repubblica del Portogallo Mario Suarez, con il calciatore della AS Roma Paulo Roberto Falcão o con il critico Marcello Venturoli, che presentò la sua prima mostra personale in Italia alla galleria Astrolabio di Roma nel 1970.Insignita di numerosi riconoscimenti internazionali, l’artista ha tradotto la sua arte in uno strumento di critica sociale dando il suo importante contributo nella causa della decolonizzazione e pacificazione del Mozambico. Sono sei le opere pittoriche esposte su parete: Ritratto di Maria, Raiz Antica, Maternità, Io e Franco, mio marito, Totem e Senza Titolo. Si tratta di un breve tracciato che vuole mostrare gli aspetti figurativi che caratterizzavano le sue iniziali ricerche figurative e i risvolti informali e astratti che hanno definito le opere successive.I testi intermittenti riportati a parete sono la testimonianza scritta dei numerosi scambi culturali che animavano la sua casa. Contro ogni forma di violenza la pittrice mozambicana, per metà europea da padre portoghese, ha saputo coniugare passato e presente attraverso una visione rivoluzionaria basata su valori universali.  Crediti: Installation view. Museo delle Civiltà. Bertina Lopes. Via XX settembre 98, la casa come luogo di resistenza. Foto © Giorgio Benni Una struggente consapevolezza, di Sabrina Vedovotto Quello di Augustas Serapinas da FOROF è un paesaggio disturbante. Potrebbe sembrare accogliente, ma già nell’incedere verso l’installazione che si trova all’interno degli scavi, ci troviamo in un incunabolo ai cui lati abbiamo oggetti prelevati da mondi devastati.In un recente passato, case, villaggi, abitazioni, sono stati distrutti, o quasi. Serapinas ci impone di non dimenticare, ma anzi, espone sui muri, come fossero quadri, alcuni legni prelevati proprio da vecchie case provenienti dai Paesi Baltici.Ma è nella basilica Ulpia che la sua denuncia si fa più forte ed evidente. L’artista infatti ricostruisce una sorta di villaggio, fatto di figure realizzate di fango e paglia, agglomerati di persone che sembrano venire dal futuro o essere ferme lì, nel passato.È un’installazione suggestiva ma struggente, in cui la caducità del tempo, della vita, dovrebbero confrontarsi con i problemi di ora, tra cui forse quello più grave, il riscaldamento globale.Queste figure fatte di fango, appunto, sembrano prendere il posto di coloro che un tempo vivevano questa basilica, agivano in questa agorà, rappresentavano il popolo, la polis, discutevano delle dinamiche del mondo.Ci si chiede dunque se ancora oggi realmente si ragioni a livelli più alti, se esistano ancora luoghi come questi, in cui idealmente coloro che detengono il potere, decidono le sorti degli altri, prendono coscienza del mondo circostante.La denuncia di Serapinas è molto forte, ma anche molto scoraggiante. Noi questo mondo lo stiamo attraversando, esattamente come lui, e ci stiamo rendendo conto che probabilmente il countdown verso una fine infausta è già iniziato, e assieme a lui abbiamo una consapevolezza che arriva all’interno delle nostre viscere, esattamente come arriva all’interno delle viscere del mondo, nella basilica Ulpia.  Crediti: Augustas Serapinas, BALTIC ADVENTURE, 2023. Installation view @ FOROF, Roma. Foto Monkeys Video Lab La bellezza del futuro, di Annarita Briganti In un periodo storico in cui si fa fatica a reggere il presente, le Biennali rappresentano il senso delle possibilità. Un’esperienza immersiva che ti permette di andare avanti da una Biennale all’altra.Se non avete ancora visto la Biennale Architettura 2023, The Laboratory of the Future, curata da Lesley Lokko, c’è tempo fino al 26 novembre per farlo, iniziando questa maratona artistica e culturale dal Padiglione Italia. Uno spazio che incarna benissimo il senso di questa edizione: decolonizzazione e decarbonizzazione, mix di linguaggi, impegno sociale e un occhio all’estetica.Situato nei capannoni delle Tese delle Vergini all’Arsenale di Venezia, intitolato Spaziale, il nostro Padiglione ricorda, fin dal sottotitolo, che Ognuno appartiene a tutti gli altri.A cura del collettivo Fosbury Architecture, Spaziale è la sintesi di nove progetti site-specific innescati su tutto il territorio italiano, mesi prima dell’apertura della Biennale. Non l’architettura vistosa, che vorrebbe il mercato, ma un approccio concettuale che si concretizza nelle opere e nelle installazioni in Arsenale.Segnaliamo, in particolare, il progetto/opera per la Baia di Ieranto, bene FAI a Massa Lubrense, in provincia di Napoli, a cura di BB e del festival Terraforma, per riflettere sul rispetto dell’ambiente. Secondo Plinio il Vecchio in questa insenatura della penisola sorrentina Ulisse avrebbe incontrato le sirene, durante il suo ritorno verso Itaca raccontato da Omero nell’Odissea. Uno scenario da favola che però ha subito lo sfruttamento industriale ed era a rischio speculazione.Notevole anche la “casa tappeto” di Studio Ossidiana e Adelita Husni Bey: 144 metri quadri di tessuto per i bambini di Librino, un quartiere di Catania disegnato da Kenzo Tange negli anni Settanta, poi abbandonato al suo destino. L’opera garantisce una zona d’ombra in piazze di cemento, impraticabili nell’estate siciliana. Rappresenta anche quel luogo sicuro di cui i più giovani, e non solo, avrebbero bisogno.Una proposta, quella italiana, tra i tanti spunti di una Biennale importante, per chi ama l’architettura come progettazione, come ricerca. “Vogliamo creare una rete di contatti e di possibilità” dicono i Fosbury Architecture – Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni, Nicola Campri, Claudia Mainardi e Veronica Caprino –, tra presente, futuro e tanta bellezza.  Crediti: Installation view Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri, 2023, Padiglione Italia 18. Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia. Foto di Delfino Sisto Legnani – DSL STUDIO @delfino_sl @dsl__studio Courtesy of © Fosbury ArchitectureVIDEO I confini, l’identità, la pace The Watchman (2023), inedita opera video di Ali Cherri commissionata e prodotta dalla Fondazione In Between Art Film, è in mostra fino al 14 gennaio 2024 alla GAMeC di Bergamo che, insieme alla Fondazione e a Frac Bretagne, ha inaugurato nei suoi spazi Dreamless Night, la nuova mostra personale dell’artista e regista libanese. Presentato in questa occasione in forma di video installazione di grandi dimensioni, The Watchman è un film ambientato a Cipro, isola del Mediterraneo orientale teatro di tensioni decennali tra le comunità locali greche e turche. Partendo dalla storia politica di questo territorio tormentato e dalle storie personali dei suoi abitanti, l’artista propone una riflessione più ampia sulle politiche del riconoscimento dei confini e sulle dolorose conseguenze che esse producono negli ambiti della sovranità, dell’identità e della pace. Un tema che vale per questo territorio come anche per Beirut, città natale dell’artista, anch’essa divisa durante la guerra civile libanese, e, in questi giorni terribili, tristemente attuale per Gaza, Israele e Palestina. GUARDA Crediti immagine: Ali Cherri. The Watchman, 2023. Still da video. Courtesy l’artista, Fondazione In Between Art Film, e Galerie Imane Farès, ParisIl tocco di Pigmalione Dal 14 novembre con la mostra Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma, a cura di Francesca Cappelletti e Lucia Simonato, Galleria Borghese apre la seconda tappa del grande progetto Rubens! La nascita di una pittura europea, frutto della prestigiosa collaborazione con Fondazione Palazzo Te e Palazzo Ducale di Mantova. La mostra romana racconterà quanto la capacità dell’artista fiammingo (Siegen 1577 – Anversa 1640) di rileggere i grandi Maestri rinascimentali e i capolavori della statuaria antica, rendendoli vibranti grazie a movimento e sentimento di gesti ed espressioni, abbia influenzato profondamente gli artisti romani alle soglie del Barocco. In questo video teaser un piccolo assaggio della sua colta maestria. GUARDA  Crediti video: Galleria BorgheseCrediti immagine: Peter Paul Rubens, Due studi di un ragazzo tratti dallo “Spinario”, gesso rosso su carta, 1601-1602, 26,1 x 36 cm, British Museum, Londra © The Trustees of the British MuseumEXTRA Gli artisti di Associazione Arte Continua Con la mostra di Giovanni Ozzola Senza Te, Senza Nord, Senza Titolo (26 ottobre 2023 – 28 gennaio 2024) negli spazi di Manifattura Tabacchi a Firenze e Arranging Proximities di Loris Cecchini (29 ottobre 2023 – 31 marzo 2024) negli spazi di UMoCA – Under Museum of Contemporary Art a Colle Val d’Elsa, Associazione Arte Continua celebra due artisti da anni vicini con generosità e partecipazione alle attività dell’Associazione. La mostra di Ozzola declina nelle sue opere su carta, scultoree e video, realizzate negli ultimi dieci anni, il concetto di recupero e rigenerazione di spazi cittadini abbandonati, che interpreta come un percorso introspettivo alla ricerca di se stesso. La mostra di Cecchini presenta invece una lettura dello spazio attraverso tre sculture – Waterbones, Sequential interactions in alfalfa chorus e Arborexence – installate negli spazi sotto gli archi di UMoCA: opere in cui lo spazio fisico diventa qualcosa di organico e vitale, ma nello stesso tempo razionalmente strutturato e perfettamente artificiale. Crediti: [1] Sin tiempo / Timeless, frame video. Foto di: Ela Bialkowska, OKNO Studio ©Giovanni Ozzola e Galleria Continua. [2] UMoCA ©foto Ela Bialkowska OKNO Studio. Vedere con le mani Accanto alle nuove mostre di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino – l’antologica di André Kertész, maestro della fotografia del XX secolo, e la collettiva Nuova Generazione. Sguardi contemporanei sugli Archivi Alinari in cui quattro giovani artisti dialogano con il patrimonio fotografico dell’Archivio – c’è anche La storia della fotografia nelle tue mani, un’esposizione multimediale permanente, prima in Italia per tipologia e concezione, nata dalla volontà di consentire anche a persone cieche o ipovedenti di fruire di testi, immagini e contenuti digitali. Una time-line che ripercorre le tappe fondamentali della storia della fotografia con una selezione di immagini che rappresentano i principali generi e modi attraverso cui si è sviluppata in quasi due secoli: ogni pannello, corredato da didascalie in braille, è accompagnato da descrizioni video in LIS (Lingua dei Segni Italiana). Ogni immagine, inoltre, viene inserita nel suo contesto sociale e politico: per questo nel percorso sono inseriti video, fruibili mediante schermi dotati di un sistema di amplificazione di ultima generazione, che favorisce un audio puntuale e non invasivo. Immagini e video sono allestiti con un sistema “su binario” perché il percorso sia progressivamente integrato con nuovi contenuti. Crediti: Installation views della mostra “La storia della fotografia nelle tue mani” a CAMERA -Centro Italiano per la Fotografia.Fotografie di Rachele NaniTra ipervisibilità e cancellazione Il 26 ottobre la Fondazione Arnaldo Pomodoro presenta The Purple Chamber di Paul Maheke (1985, Brive-la-Gaillarde, Francia), secondo appuntamento di Corpo Celeste, ciclo espositivo a cura di Chiara Nuzzi, appositamente ideato per Project Room, il progetto osservatorio della Fondazione sulle arti contemporanee. Per la sua prima personale in un’istituzione italiana, Maheke invita il pubblico a entrare in un ambiente site specific intimo e spaesante, nel quale emergono sculture e disegni realizzati per l’occasione. L’artista ci invita così a riconfigurare il nostro sapere identitario, delineando il superamento delle dinamiche gerarchiche e colonialiste tramite una continua tensione tra ipervisibilità e cancellazione, intimità e voyeurismo. Sei un giornalista, un critico, un curatore?Vuoi contribuire con un tuo scritto a una delle prossime edizioni di TELESCOPE?Scrivici su telescope@larafacco.com Se vuoi ricevere TELESCOPE anche tu, scrivi a telescope@larafacco.com L’archivio completo di TELESCOPE è disponibile sul sito www.larafacco.com 
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