EDITORIALE Vi può capitare, per adesso solo negli Stati Uniti, di entrare nella sala d’aspetto di un ospedale, in un centro commerciale, in un luogo di passaggio del quartiere o in aeroporto, e trovare una struttura alta poco più di un metro e ottanta, simile a un distributore automatico. Solo che dentro non ci sono bibite o patatine, ma 650 milioni di anni di storia della Terra, oppure la spiegazione dettagliata del moto perpetuo, o il racconto dell’evoluzione dell’assistenza medica attraverso i secoli.Se è così state guardando uno dei più piccoli musei del mondo prodotti da Micro, una non-profit newyorkese. Micro ha dato forma a un’idea geniale, ossia quella di creare delle “alternative trasportabili” ai musei tradizionali, posizionabili lontano dalle grandi città che spesso hanno il monopolio di questo genere di offerta. L’idea è quella di far scendere i musei dal piedistallo, come dice uno dei fondatori, attraendo un pubblico che, con molta probabilità, difficilmente deciderebbe di visitarne uno, non solo per questioni economiche (che pure ci sono) ma banalmente di vicinanza: nella sola città di NY, a parità di densità abitativa, ci sono 85 musei a Manhattan e solo 8 nel Bronx, e il 90% delle persone che li visita è bianca. Con la consapevolezza e la convinzione che il ruolo di un museo è fondamentale per la crescita di una società, ma che l’impatto di quelli tradizionali è ancora troppo basso, un team di scienziati, designer e ingegneri ha immaginato queste piccole, resistenti e gratuite mini-versioni, spesso posizionate in spazi trascurati e periferici, che possono fare la differenza rendendo accessibile la conoscenza a un pubblico sempre più ampio.Perché è la conoscenza l’unica cosa che può cambiarti la vita. Anche all’angolo di una strada. In questa centottantaduesima edizione di TELESCOPE, la nostra newsletter settimanale dedicata alle istituzioni e ai progetti culturali di cui siamo portavoce, tra i RACCONTI trovate un testo di Annarita Briganti, scrittrice, giornalista di Repubblica e opinionista televisiva, dedicato alla mostra di Suzanne Jackson. Somethings in the World alla GAM di Milano, quinta edizione di Furla Series di Fondazione Furla; un estratto dalla prefazione al catalogo della mostra Pensiero Video. Disegno e arti elettroniche in corso alla Fondazione Ragghianti; e una parte del testo del politico Franco Bassanini nel catalogo della mostra dedicata al padre, Antonio Bassanini. Costruttore del Novecento in corso al Castello di Masnago (Varese).Tra i VIDEO trovate un breve reel dedicato alla nuova mostra Sarah Sze. Metronome in corso da OGR Torino, e il video realizzato per ArtBox su La7 dedicato alla mostra RUBENS A PALAZZO TE. Pittura, trasformazione e libertà in corso al museo mantovano e parte del progetto Rubens! La nascita di una pittura europea in collaborazione con Palazzo Ducale di Mantova e Galleria Borghese di Roma.Tra gli EXTRA segnaliamo l’incontro Germano Celant e la fotografia promosso da CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino; il terzo appuntamento di Garage BENTIVOGLIO a Bologna che vede protagonista l’artista Matteo Nasini; e l’ottava edizione di PhotoVogue, festival di fotografia di moda consapevole a Milano. Buona lettura!Lo staff di Lara Facco P&C#TeamLara Vi ricordiamo che l’archivio di tutte le edizioni di TELESCOPE è disponibile su www.larafacco.com TELESCOPE. Racconti da lontanoIdeato e diretto da Lara FaccoEditoriale e testi a cura di Annalisa InzanaRicerca ed editing Camilla Capponi, Alberto Fabbiano, Martina Fornasaro, Marianita Santarossa, Claudia Santrolli, Denise Solenghi, Alessandro Ulleri, Carlotta Verrone, con la collaborazione di Margherita Animelli, Michela Colombo, Nicolò Fiammetti, Andrea Gardenghi, Margherita Villani, Victoria Weston e Marta Zanichelli. domenica 12 novembre 2023RACCONTI La grande bellezza (green) di Suzanne Jackson, di Annarita Briganti Una maestra dell’arte, una donna piena di interessi culturali, un’artista globale che realizza opere sostenibili, basate sul principio fondamentale del riciclo, per diffondere la bellezza (green) nel mondo.Suzanne Jackson, protagonista della V edizione di Furla Series, promossa da Fondazione Furla e dalla Galleria d’Arte Moderna di Milano (GAM), non butta neanche un barattolo di vernice finito perché può sempre essere utile, può sempre essere riciclato, riutilizzato, trasformato in arte.La sua mostra alla GAM, Somethings in the World, a cura di Bruna Roccasalva, fino al 17 dicembre, è la sua prima personale in un’istituzione europea e, sì, l’opera che vi sembrerà fatta di gusci di pistacchio è stata realizzata con quel materiale.Nata in Missouri nel 1944, ballerina, scenografa teatrale, poetessa, gallerista per artiste afroamericane quando l’arte aveva un solo genere, una sola provenienza, un solo sguardo, Jackson è in continua evoluzione e beneficia della somma di tutte queste esperienze, come sottolinea la curatrice dell’esposizione.Una sintesi perfetta, il percorso che farete alla GAM, della ricerca che Jackson porta avanti da più di cinquant’anni, con ventisette opere una più bella dell’altra, tra pezzi iconici e nuove produzioni, in dialogo con la collezione permanente del luogo che ospita la mostra.Dai dipinti onirici degli anni Settanta alle sperimentazioni radicali delle più recenti “anti-canvas”, che arrivano a liberarsi dalla necessità di un supporto per diventare puro colore, tra pittura e scultura. Quadri sospesi, opere volanti, panni stesi dell’arte, per avvicinarsi, dal vivo, ai mondi dell’artista, che a Milano ha partecipato a un evento pubblico, nel pre-opening di Somethings in the World.Appena arrivata dagli Stati Uniti per la mostra di Fondazione Furla-GAM, Suzanne Jackson è intervenuta al Forum sull’arte contemporanea organizzato dall’Assessore alla Cultura Tommaso Sacchi. È salita sul palco per la conversazione di chiusura del Forum, ha ringraziato i presenti e poi ha compiuto un atto magico e un po’ desueto: ha ascoltato.“Imparo sempre qualcosa ogni giorno” è il suo mantra. Crediti: Furla Series – Suzanne Jackson. Somethings in the World, 2023. Installation view of the exhibition promoted by Fondazione Furla and GAM – Galleria d’Arte Moderna, Milan. Ph. Andrea Rossetti / Héctor Chico. Courtesy Fondazione Furla Pensiero video. Disegno e arti elettroniche, di Paolo Bolpagni e Alberto Fontana* Soprattutto nel primo decennio degli anni Duemila, a partire dalla mostra Tempo sul tempo (1999-2000), e poi, durante la direzione di Vittorio Fagone, con Arte del video (2004) e la personale dedicata a Michael Snow (2007), cui seguì nel 2008 quella su Jonas Mekas, la Fondazione riservò una speciale attenzione alle espressioni estetiche veicolate tramite i nuovi media. Non era un caso, dal momento che a Carlo Ludovico Ragghianti (Lucca, 1910 – Firenze, 1987) va riconosciuto il merito d’esser stato un grande anticipatore nella valorizzazione del cinema e anche della Televisione come fatto artistico (è il titolo di un suo memorabile saggio apparso sulla rivista «Mercurio» nel 1955). Inoltre, egli fu tra i primi a comprendere le potenzialità del computer e, dando vita nel 1978 al periodico Sound-Sonda, scaturito dal centro studi APaVOCA (Art Process and Visual Objects Computer Analysis), aprì la strada a una pionieristica riflessione sull’applicazione dell’informatica alle arti visive. Del resto, Ragghianti considerò sempre il disegno quale medium essenziale nella genesi dell’opera, nel farsi del processo creativo: una precisa concezione che condivise con la moglie Licia Collobi, e che costituisce una sorta di fil rouge del suo pensiero e della prassi ermeneutica che applicò per tutta la propria vita. Perciò la mostra ideata e curata da Andreina Di Brino, presentando lavori differenti che spaziano dalla seconda metà degli anni Quaranta a oggi, di Lucio Fontana, Hans Namuth e Paul Falkenberg (con il celebre cortometraggio Jackson Pollock 51), Nam June Paik, Mario Schifano, Wolf Vostell, Gianni Toti, Fabrizio Plessi, Studio Azzurro, Bill Viola, William Kentridge, Grazia Toderi, Giacomo Verde, Michele Sambin, Nalini Malani e Quayola (oltre alle fotografie di documentazione di Attilio Bacci e Marcello Gianvenuti), si pone in un solco ben determinato, sul piano sia metodologico, sia d’impostazione critica. E lo fa con un accento originale, collocandosi nella storia espositiva – sopra richiamata – della Fondazione, riallacciandosi alla lezione di Ragghianti e offrendo chiavi interpretative nuove. Da un lato il disegno, pratica di affinamento dello sguardo e di “svelamento”, che assume di volta in volta la valenza di schizzo veloce, di trascrizione visiva di un’idea, di minuziosa progettazione, di documentazione di un processo, di opera dotata di piena dignità e autonomia estetica; dall’altro le arti elettroniche nelle molteplici declinazioni che ritroviamo in mostra, dal film all’inserimento del monitor nella tela “pittorica”, dal libro digitale all’immagine dello schermo come oggetto/soggetto o supporto, dal video “puro” alla videoscultura, alla videoinstallazione, al videoambiente. * estratto dalla prefazione di Paolo Bolpagni (direttore della Fondazione Ragghianti) e Alberto Fontana (presidente) dal catalogo della mostra Pensiero video. Disegno e arti elettroniche, a cura di Andreina di Brino, in corso alla Fondazione Ragghianti di Lucca fino al 7 gennaio 2024. Crediti: Installation view della mostra Pensiero video. Disegno e arti elettroniche, Fondazione Ragghianti, 2023. Ph. Foto Alcide Perché leggere questo libro, di Franco Bassanini* Per oltre settant’anni, in quasi tutto l’arco del Novecento, Antonio Bassanini è stato una figura eminente dell’imprenditoria e della borghesia lombarda. Figlio di un modesto casaro della Bassa milanese, orfano a cinque anni, Antonio Bassanini ha costruito nei primi vent’anni della sua attività una delle più grandi imprese di costruzioni italiane dell’epoca, fino ad avere oltre tremila dipendenti alla fine degli anni Trenta. Con la sua impresa, negli anni tra le due Guerre mondiali, ha sperimentato tra i primi le nuove tecniche del calcestruzzo armato. Ha non poco contribuito a cambiare il volto di Milano e di altre città italiane, realizzando centinaia di complessi residenziali, industriali o di edilizia pubblica, progettati dai maggiori architetti italiani del tempo (da Portaluppi a Caccia Dominioni, da Gio Ponti a Piacentini, dai Nava agli Zacchi, da Muzio a Mattioni) e, per gli aspetti statico-strutturali, dai più autorevoli esponenti della scienza delle costruzioni dell’epoca (in primis Arturo Danusso). Dal Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi all’EUR, all’ingresso monumentale e diversi padiglioni della Fiera di Milano; da importanti fabbriche e complessi industriali (Montecatini di Milano, Marghera, Bolzano, La Spezia, Castellanza, e poi Breda, Pirelli, Edison, Innocenti, Marelli, Pesenti, Lancia, Ilva, CGE, Carlo Erba), a grandi strutture ospedaliere (Mauriziano di Aosta, Sacca Sessola a Venezia, Santa Corona a Pietra Ligure, Forlanini a Roma); dalle sedi di importanti enti pubblici o società (INPS, INAIL, INA) a centinaia di complessi residenziali a Milano, Roma, Bologna, Parigi, San Paolo del Brasile; da ponti, viadotti, scuole, autostrade, silos ai magazzini generali del porto di Napoli; da grandi chiese (Santa Maria Nascente, San Protaso, San Pietro in Sala, Madonna dei Poveri, San Bernardino alle Monache, Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa, Santa Maria in Beltrade, San Fedele, Sant’Ignazio di Loyola) fino al consolidamento e al restauro del campanile di Sant’Ambrogio, a Milano: l’impresa Bassanini è in quegli anni tra le più apprezzate del Paese, per la modernità e l’innovatività dei progetti dei suoi architetti, per il rigore e la solidità dei suoi manufatti, per il puntuale rispetto dei capitolati e dei tempi contrattuali, per la qualità delle sue costruzioni, per la correttezza delle relazioni sindacali e il rispetto dei diritti dei lavoratori e per l’affidabilità della sua organizzazione produttiva.Cattolico democratico rigoroso e intransigente, nel pieno della guerra Antonio Bassanini rifiuta di collaborare con la Repubblica di Salò e con le autorità tedesche nel reclutamento di operai da inviare in Germania e nella fortificazione della linea Gotica, e organizza l’espatrio in Svizzera di vittime delle leggi razziali e di perseguitati dal regime: non solo si espone così a gravi rischi personali, ma subisce anche pesanti sanzioni, a partire dalla requisizione (in pratica un esproprio senza indennizzo) di tutti i macchinari della impresa, camion, gru, betoniere, assegnati in proprietà a imprese collaborazioniste concorrenti. *estratto dal testo pubblicato nel libro Antonio Bassanini. Costruttore del Novecento. Vita e Opere che accompagna l’omonima mostra in corso al Castello di Masnago (Varese) fino al 4 febbraio 2024 Crediti: Complesso di edifici in via Foppa a Milano, realizzati tra gli anni 1930 e 1934, sui progetti degli Arch. Piero Portaluppi e Mario Boschini. Gli edifici di particolare interesse mostrano la volontà dell’impresa di realizzare scelte compositive e materiche raffinate, sviluppate da importanti architetti. Courtesy Eredi Bassanin | Cavalcavia sullo scalo Lambrate, a Segrate, realizzato tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta per le Ferrovie dello Stato. Il ponte, tutt’ora perfettamente funzionante, è lungo circa 300 mt e composto da nove campate di 30/36 mt l’una. Courtesy Eredi Bassanini | Cantiere del Palazzo Congressi e Ricevimenti, realizzato tra il 1938 e il 1943 per l’Esposizione Universale di Roma del 1942 su progetto dell’Arch. Adalberto Libera. La costruzione di questo edificio fu particolarmente complessa, sia per motivi tecnici che politici, e verrà ampliamente illustrata nella mostra. Courtesy Eredi Bassanini.VIDEO L’esplosione di un iPhone Fino all’11 febbraio 2024 le OGR Torino ospitano Metronome, la prima personale in un’istituzione italiana dell’artista statunitense Sarah Sze (Boston, 1969), a cura di Samuele Piazza, Senior Curator OGR.Negli spazi giganteschi e suggestivi del Binario 1, una nuova opera co-commissionata e co-prodotta dall’istituzione insieme ad Artangel – Londra e ARoS – Aarhus Art Museum e il supporto di Victoria Miro, restituisce tutta la complessità della poetica dell’artista il cui linguaggio è capace di sfidare la staticità della scultura, rappresentando l’esplosione di informazioni che caratterizza il nostro presente. Metronome è una perfetta restituzione di quello che, a proposito di alcune opere dell’artista, ha detto una volta la scrittrice inglese Zadie Smith, ossia che è come trovarsi di fronte a un iPhone aperto.In questo breve video un assaggio della mostra, che ci restituisce il processo generativo della creazione di immagini in un mondo in cui consumo e produzione sono sempre più interdipendenti: la scultura dà origine a immagini e le immagini alla scultura. GUARDA Crediti video: Sarah Sze, METRONOME. Courtesy OGR TorinoCrediti immagine: Sarah Sze, METRONOME. Installation view at OGR Torino, 2023. Ph. Andrea Rossetti for OGR Torino. Courtesy OGR TorinoScioccato dal colore Pieter Paul Rubens arriva a Mantova nel 1600, a 23 anni. È un pittore colto, che ha studiato l’arte italiana ma, come racconta in questo servizio, realizzato per la trasmissione Artbox su La7, Raffaella Morselli, curatrice della mostra Rubens a Palazzo Te. Pittura, trasformazione e libertà, la prima volta che visita il Palazzo “deve essere stato uno shock”. Rubens, infatti, conosceva un mondo in “bianco e nero”, quello delle stampe su cui aveva imparato a conoscere i capolavori dei grandi Maestri italiani, ma essere immerso nell’opera d’arte totale realizzata da Giulio Romano e dalla sua bottega a Mantova tra il 1525 e il 1535 deve essere stata un’esperienza sconvolgente. La mostra a Palazzo Te fa parte del progetto Rubens! La nascita di una pittura europea che coinvolge anche il Palazzo Ducale di Mantova e la Galleria Borghese dove, dal prossimo 14 novembre, è visitabile la mostra Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma che racconta i rapporti tra la cultura italiana e l’Europa attraverso gli occhi del Maestro della pittura barocca, e si inserisce in una più ampia ricerca della Galleria dedicata ai momenti in cui Roma è stata, all’inizio del Seicento, una città cosmopolita. GUARDA Crediti immagine: Installation view Rubens a Palazzo Te. Pittura, trasformazione e libertà, Palazzo Te, Mantova 2023 Ph. Gian Maria Pontiroli © Fondazione Palazzo TeEXTRA Germano e la fotografia Nelle opere e nella poetica dell’Arte Povera, il movimento artistico teorizzato da Germano Celant nella seconda metà degli anni Sessanta, la fotografia riveste un ruolo particolare, non solo come strumento di realizzazione dell’opera, ma anche come mezzo di comunicazione e memoria. Non sorprende dunque che al grande critico italiano e al suo interesse per il mezzo fotografico, giovedì 16 novembre, CAMERA Centro Italiano per la Fotografia di Torino dedichi un pomeriggio di studi organizzata insieme a Studio Celant e in collaborazione con EXPOSED Torino Foto Festival. Insieme a studiosi e artisti che in diversi momenti hanno avuto rapporti professionali e personali con il critico, come Melissa Harris, Giuliano Sergio, Raffaella Perna, Walter Guadagnini, Michele Zaza, Attilio Maranzano e in collegamento dagli Stati Uniti Andres Serrano e Sandy Skoglund, l’incontro coordinato da Antonella Soldaini vuole approfondire proprio questo aspetto della sua attività che lo ha portato negli anni a curare mostre collettive e personali e realizzare importanti monografie su fotografi e artisti che si esprimono attraverso la fotografia. Ingresso gratuito previa prenotazione qui Crediti: ph. Gianfranco GorgoniArtificialmente naturale Alcune grandi colonne di lana multicolore, dal 15 novembre abiteranno la vetrina su via del Borgo di San Pietro a Bologna di Garage Bentivoglio, nuovo progetto espositivo di Palazzo Bentivoglio a cura di Davide Trabucco, realizzato dall’istituzione come modo per condividere con un pubblico ampio alcune opere della collezione. Protagonista di questo terzo appuntamento è l’opera Il Giardino Perduto (2018) di Matteo Nasini (Roma, 1976) composta da strutture cilindriche in ferro e legno che si ergono nello spazio creando un’architettura minimale e un paesaggio astratto, a metà tra l’artificiale e il naturale. Un’opera usualmente inserita all’interno del Palazzo, tra le colonne che decorano le stanze, e che in questo nuovo contesto acquista nuovo significato, ponendo domande sul collezionismo e sulla necessità di tornare ciclicamente alle opere che compongono una collezione con sguardo rinnovato. L’opera di Nasini, che è di base una riflessione aperta sull’idea di paesaggio, se all’interno del Palazzo richiamava eroi della mitologia e riferimenti rinascimentali, nello spazio neutro del garage restituisce anche in tutta la loro potenza le riflessioni inaugurate negli anni Sessanta dalla Land Art americana. Crediti: Matteo Nasini, Il Giardino Perduto, 2018, Palazzo Bentivoglio, Bologna, ph Carlo FaveroCosa ci rende umani? Con questa domanda si apre il 16 novembre PhotoVogue Festival, il primo festival di fotografia di moda consapevole, giunto alla sua ottava edizione, incentrato sugli elementi in comune tra etica ed estetica, curato da Alessia Glaviano. Negli spazi dell’hub creativo BASE Milano, la manifestazione, che quest’anno ha appunto il titolo What Makes Us Human? Image In The Age Of A.I., si interroga sull’impatto dell’intelligenza artificiale sull’esistenza umana e la creazione di immagini. Con un simposio di tre giorni, una serie di mostre, eventi in città, letture di portfolio e tavole rotonde online, e la possibilità per gli studenti di CondéFuture (il programma di orientamento e arricchimento di Condé Nast rivolto agli studenti delle scuole superiori provenienti da contesti svantaggiati) di esporre le proprie fotografie e video, il festival, aperto a tutti fino al 19 novembre, offre al pubblico, tra opere di importanti fotografi internazionali e giovani emergenti, una lettura approfondita della società contemporanea e del modo in cui si auto-rappresenta e viene rappresentata. Scopri tutto il programma! Crediti: ©Carlijn Jacobs, Fishbowl, Vogue Italia, 2021Sei un giornalista, un critico, un curatore?Vuoi contribuire con un tuo scritto a una delle prossime edizioni di TELESCOPE?Scrivici su telescope@larafacco.com Se vuoi ricevere TELESCOPE anche tu, scrivi a telescope@larafacco.com L’archivio completo di TELESCOPE è disponibile sul sito www.larafacco.com |
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