EDITORIALE
Per giocare a Campana basta avere a disposizione una piccola porzione di terreno su cui disegnare il percorso che di solito è composto da dieci caselle rettangolari, ognuna numerata progressivamente, che si susseguono in fila indiana salvo un paio di blocchi composti da due caselle affiancate. Ogni giocatore lancia nella prima casella un sassolino – che deve atterrare senza toccare nessuna linea o uscirne fuori – poi salta su un piede di casella in casella lungo tutto il percorso, senza mai entrare nel riquadro dov’è il sassolino. Nei blocchi di caselle affiancate si possono appoggiare entrambi i piedi – uno su casella, a meno che una non contenga il sasso – e nell’ultima, che in alcune versioni del gioco si chiama Cielo, il giocatore può girarsi e completare il percorso a ritroso. In Argentina, paese di origine dello scrittore Julio Cortázar (1914-1984), il gioco della Campana si chiama Rayuela (da raya = riga/striscia), nome che lui sceglie, nel 1963, per un romanzo che alla sua pubblicazione viene definito “contro-romanzo”, “cronaca di una follia”, “il buco nero di un enorme imbuto”, “un grido di allerta”, “una specie di bomba atomica”, “un appello al disordine necessario”. Rayuela, considerato uno dei capolavori letterari del Novecento, un libro che è stato capace di cambiare la storia del romanzo, quest’anno ha compiuto sessant’anni, ma è rimasto giovane e potente nello stesso modo, capace di cambiare (a volte) la vita di chi lo legge. Perché è un romanzo che non ti lascia in pace, ma ti chiede di scegliere una strada, di lanciare un sasso e saltare fino ad arrivare al Cielo. Ci sono, infatti, tre modi diversi di leggerlo: secondo le indicazioni contenute in una “tavola di orientamento” all’inizio del libro, puoi scegliere di procedere in maniera tradizionale, dalla prima pagina al capitolo 56, puoi leggerlo dal capitolo 73 seguendo poi un ordine frammentario e non lineare che ti viene indicato dall’autore, oppure puoi (come suggerisce lui stesso indirettamente) leggere come vuoi, seguendo un ordine tutto personale. È per questo che la storia del protagonista Horacio Oliveira, è un libro così surreale, a volte incomprensibile, commovente, divertente, assurdo e vero: perché è la vita a essere così, quella che immaginiamo e quella che è in realtà.
PS. Chi non legge Cortázar è spacciato. Non leggerlo è una malattia molto seria e invisibile, che col tempo può avere conseguenze terribili (Pablo Neruda).
In questa centottantaquattresima edizione di TELESCOPE, la nostra newsletter settimanale dedicata alle istituzioni e ai progetti culturali di cui siamo portavoce, tra i RACCONTI trovate un testo di Donatella Giordano, contributor e curatrice della rubrica podcast Monologhi al Telefono di Artribune, sulla mostra in corso alla Fondazione Ragghianti di Lucca Pensiero video. Disegno e arti elettroniche; uno di Annarita Briganti, scrittrice, giornalista di Repubblica e opinionista televisiva, dedicato alla mostra Motherboy in corso da GióMARCONI a Milano; e un estratto dalla conversazione tra Salvatore Arancio e Marta Federici in occasione dell’acquisizione da parte del MACTE Museo d’Arte Contemporanea di Termoli del gruppo di opere dell’artista Bruno’s House.
Tra i VIDEO proponiamo una presentazione video di alcuni lotti protagonisti di L’Art de la Table, appuntamento di Cambi Casa d’Aste, e il teaser del film dedicato all’opera di Sam Lock attualmente protagonista di Cadogan SOLO la vetrina su strada della sede italiana di Cadogan Gallery.
Nella sezione EXTRA segnaliamo l’appuntamento dedicato ai grandi fotografi francesi del Novecento de I Giovedì in CAMERA di CAMERA Torino; la nuova edizione di Corpi sul Palco, rassegna di performance delle arti visive curata da Andrea Contin per il Teatro Linguaggicreativi di Milano; e la mostra Felicissimo Giani che inaugura negli spazi di Palazzo Bentivoglio a Bologna.
In questa edizione anche un BONUS TRACK dedicato a Che Domande! il nuovo podcast di Radio Festivaletteratura nato durante l’ultima edizione del festival di Mantova.
Buona lettura!
Lo staff di Lara Facco P&C
#TeamLara
Vi ricordiamo che l’archivio di tutte le edizioni di TELESCOPE è disponibile su www.larafacco.com
TELESCOPE. Racconti da lontano
Ideato e diretto da Lara Facco
Editoriale e testi a cura di Annalisa Inzana
Ricerca ed editing Camilla Capponi, Alberto Fabbiano, Martina Fornasaro, Marianita Santarossa, Claudia Santrolli, Denise Solenghi, Alessandro Ulleri, Carlotta Verrone, con la collaborazione di Margherita Animelli, Michela Colombo, Nicolò Fiammetti, Andrea Gardenghi, Margherita Villani, Victoria Weston e Marta Zanichelli.
domenica 26 novembre 2023
RACCONTI
Aveva ragione Nam June Paik: “La tecnologia è il pennello del XXI secolo”, di Donatella Giordano
Uno degli argomenti più discussi negli ultimi tempi è l’impatto che l’intelligenza artificiale può avere sulla società contemporanea. Incognite che emergono anche in ambito artistico, dove si ragiona sulle conseguenze legate all’uso degli algoritmi per produrre opere d’arte.
Tornare indietro nel tempo è l’idea proposta dalla Fondazione Ragghianti che, con la mostra Pensiero video. Disegno e arti elettroniche, intende riscoprire le origini della dematerializzazione dell’arte e del progressivo affacciarsi agli sviluppi della tecnologia elettronica. Un’analisi che tiene contemporaneamente il punto sulla pratica del disegno in tutte le sue declinazioni: sia come trascrizione visiva di un’idea, sia come opera esteticamente autonoma.
L’impiego delle nuove tecnologie in questo settore inizia negli anni Cinquanta, quando artisti come Lucio Fontana e Wolf Vostell avviano le prime riflessioni sullo spazio-tempo utilizzando per le proprie opere il televisore. Questo nuovo apparecchio nel primo caso viene accolto con entusiasmo, tanto che l’artista lo usa per veicolare in diretta i propri Concetti spaziali. Nel secondo, diventa oggetto di un’attenta analisi critica che serve ad attestarne la pericolosità in quanto strumento manipolatorio. Entrando nel vivo della “polemica artistica” di ogni epoca si percepisce quanto le riflessioni che si avvicendano nel corso degli anni contribuiscano alla nascita di pratiche del tutto nuove e inimmaginabili.
Se i già citati Fontana e Vostell sono inquadrati all’interno di una matrice duchampiana e dadaista, la vera novità risiede nelle ricerche di Nam June Paik, considerato il “padre dell’arte elettronica”. Non a caso una sua acquaforte su carta, dal titolo TV Story Board, è stata scelta per rappresentare l’intera mostra. Nasce con lui la televisione astratta, un effetto ottenuto manipolando il tubo catodico con delle calamite. L’artista, oltre a portare avanti l’originale idea di “umanizzare” la tecnologia, chiama in causa gli spettatori che, diventando partecipatori attivi, colmano la distanza tra arte e vita. Un punto di non ritorno che porterà a nuove e originali esperienze artistiche.
In mostra altre numerose esplorazioni restituiscono il clima di quel periodo, caratterizzato dalla generalizzata crisi della tradizione pittorica. Mario Schifano, ad esempio, elabora nuovi immaginari producendo un flusso ininterrotto di immagini, ottenute fotografando lo schermo televisivo. Hans Namuth e Paul Haesaerts mostrano ciò che normalmente è invisibile nel film Jackson Pollock 51, ponendo una lastra di vetro tra la mano dell’artista e la telecamera.
Altri artisti come Viola, Plessi, Sambin, Studio Azzurro applicano nuovi studi sui linguaggi multimediali. E così via, verso una seconda e terza generazione di artisti che sperimentano nuove potenzialità elettroniche: Giacomo Verde, Gianni Toti, Grazia Toderi, William Kentridge, Nalini Malani. L’universo digitale di Quayola arriva ancora dopo ma l’inarrestabile processo evolutivo non smetterà di produrre altre nuove e interessanti ricerche.
Crediti: Installation view della mostra Pensiero video. Disegno e arti elettroniche, Fondazione Ragghianti, 2023. Ph. Alcide
Motherboy da GióMARCONI a Milano, di Annarita Briganti
Pittura, collage, scultura, video e installazione sui tre piani della galleria GióMARCONI a Milano per parlare di un tema poco battuto dall’arte: il “mammone”. La mostra Motherboy, nata dal dialogo tra la curatrice Stella Bottai e l’artista Gray Wielebinski, è una collettiva che ha come filo rosso il ruolo delle madri e dei figli, il rapporto tra le donne e gli uomini.
L’opera per me più rappresentativa è Untitled (2021), il quadro che troverete al primo piano di Apostolos Georgiou: uomini che osservano una donna con un vestito rosso. La donna è stesa su un divano. Lo sguardo maschile le sta addosso, mentre in Italia attraversiamo un periodo molto violento della storia. Notevoli anche le riflessioni sul latte materno, filo rosso di molte opere, e sul concetto di famiglia, con una estetica che cattura: dal bianco di alcune installazioni e video, al giallo acido di una cucina con un forno-opera d’arte in cui sembra che qualcuno – una madre? – stia cucinando un pollo.
“L’esposizione mette in scena una riflessione sugli aspetti terribili, teneri e comici del rapporto madre-figlio come specchio sia dell’associazione che della dissociazione, affrontandone le ricadute sull’immaginario sociale collettivo. Riflettendo su concetti quali autorità, emancipazione, amore e vulnerabilità, Motherboy tenta di mettere in atto, in maniera generativa, un ritiro dai costrutti patriarcali di questa nozione, alla ricerca di un legame familiare che sia consapevole ma liberato dalla propria storia” dicono in galleria. Fonte d’ispirazione: le teorie queer, femministe e psicoanalitiche sull’argomento al centro di questa proposta, per affrontare i temi del sacrificio, della co-dipendenza, del desiderio, dell’identità, della negazione, delle gerarchie, della possessività e del tradimento.
Le artiste e gli artisti meritano di essere citati tutti: Sophia Al Maria; Patrizio Di Massimo; Bracha L. Ettinger; Hadi Falapishi; Jes Fan; Apostolos Georgiou; Allison Katz; Leigh Ledare; Jonathan Lyndon Chase; Gaetano Pesce; Maia Ruth Lee; Jenna Sutela; Gray Wielebinski; Kandis Williams; Bruno Zhu. La mostra è visitabile fino a febbraio 2024. Piacerà ai più giovani.
Crediti: Installation views della mostra Motherboy, curata da Stella Bottai e Gray Wielebinski, 23.11.2023-17.02.2024 , Gió Marconi, Milano, ph. Fabio Mantegna
In continua trasformazione: gli immaginari di Bruno’s House*
Il progetto Bruno’s House di Salvatore Arancio, vincitore dell’avviso pubblico PAC2021 – Piano per l’Arte Contemporanea promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, consiste in un gruppo di nuovi lavori, che rielaborano le suggestioni scaturite dalla visita di Arancio al Bruno Weber Park, non lontano da Zurigo.
Nella seguente intervista l’artista racconta, in conversazione con l’assistente curatrice del MACTE Marta Federici, il suo primo incontro con il parco di sculture svizzero e il percorso di ideazione e realizzazione delle opere ora parte della collezione del museo. Le parole di Arancio introducono le intenzioni che hanno ispirato il progetto, fornendo uno sguardo più ampio su metodi e interessi che guidano la sua pratica artistica.
Marta Federici: Le opere che compongono il tuo lavoro Bruno’s House, ora parte della collezione del MACTE, nascono dalle suggestioni scaturite dalla tua visita al Bruno Weber Park in Svizzera: un parco di sculture e una casa costruiti dall’architetto e artista svizzero tra la metà degli anni Sessanta e l’inizio dei Duemila. Come hai scoperto questo luogo e cosa ha catturato la tua attenzione?
Salvatore Arancio: Molto spesso mi capita di scoprire casualmente i posti dove poi finisco a lavorare. Magari mentre faccio ricerche su internet o quando leggo le notizie; oppure, se sto presentando una mostra in una certa località, mi piace chiedere alle persone con cui sto collaborando o che mi hanno invitato, se c’è in quella zona qualcosa che potrebbe connettersi al mio mondo, all’immaginario dei miei lavori. Nel 2016 stavo preparando una mostra alla Kunsthalle Winterthur e il direttore artistico mi consigliò di andare a vedere il Bruno Weber Park. Mi sono preso un giorno libero durante l’allestimento per organizzare questa visita. Il Bruno Weber Park per me appartiene a una categoria di luoghi che amo particolarmente, in cui trovo tanta ricchezza e stimoli. Parlo di luoghi dove si perdono i canoni di quello che abitualmente ci circonda. Per me questo genere di spazi esprime un forte senso di libertà, prima di tutto la libertà che caratterizza la visione dell’artista che li ha creati: nella produzione di Bruno Weber c’è una commistione profonda tra mitologie popolari ed elementi fantastici che provengono da un immaginario totalmente personale. Ma penso anche al sentimento di libertà che provano i visitatori attraversando un luogo del genere. Noi non ci facciamo neanche caso, ma nelle città ci sono ovunque segnali e simbologie che indirizzano il comportamento degli abitanti, che guidano la nostra interpretazione nel comprendere la corretta funzione dei luoghi che articolano lo spazio pubblico. Quando arrivi in un posto come il Bruno Weber Park quei riferimenti scompaiono, è come arrivare in una foresta, puoi crearti una tua personale geografia all’interno di quello spazio.
In quel mondo ognuno può essere davvero quello che vuole, il corpo umano può entrare in metamorfosi con il mondo vegetale o con qualsiasi altro elemento. È questo ciò che mi stimola maggiormente, il fatto che tutto può succedere e che quello che vedi non è mai quello che è.
*estratto dalla conversazione disponibile integralmente su MACTE Digital tra Salvatore Arancio e Marta Federici, assistente curatrice del MACTE Museo Arte Contemporanea di Termoli, realizzata in occasione della donazione delle opere dell’artista al museo
Crediti: Salvatore Arancio, Bruno’s House, 2023. Installation view al MACTE, Termoli. Foto © Gianluca Di Ioia
VIDEO
L’arte di apparecchiare la tavola… e non solo
Mercoledì 29 novembre Cambi Casa d’Aste torna nelle sale di Castello Mackenzie a Genova con un appuntamento dedicato all’arte delle mise en place: è l’Art de la Table, asta ormai tradizionale della maison, che quest’anno presenta nella sua sede storica oltre 400 lotti tra porcellane di pregio, cristalli, vetri soffiati, argenti di raffinata fattura e tovaglie finemente ricamate, che raccontano, attraverso i secoli, la celebrazione dei momenti di festa, la convivialità e la ricercatezza. In questo video un assaggio degli oggetti protagonisti dell’appuntamento, cui si affiancano martedì 28 novembre Dimore Italiane, asta dedicata agli arredi e le opere parte di due residenze private – un elegante appartamento milanese e una prestigiosa villa della campagna veneta –, e giovedì 30 novembre Old Masters che presenta invece un ricco catalogo di autori italiani e internazionali dal XIV secolo al Settecento inoltrato. Una tre giorni decisamente da non perdere!
Crediti immagine: ©Cambi Casa d’Aste
L’arte che si affaccia in strada
In questi giorni da una delle vetrine di Cadogan Gallery su via Bramante a Milano è possibile vedere una singola opera d’arte: è Index, dittico inedito dell’artista inglese Sam Lock, primo protagonista di Cadogan SOLO, progetto pensato per essere un’estensione della galleria, un affaccio su strada che consenta agli artisti di presentare opere sperimentali, senza i vincoli dello spazio tradizionale. In questo video, tratto da un documentario dedicato al lavoro dell’artista realizzato quest’estate nel suo studio sulla costa meridionale dell’Inghilterra, è possibile scoprire il suo processo creativo. Nel breve teaser, Lock racconta il metodo e il significato delle sue opere.
Crediti immagine: Sam Lock, Index. Installation shot. Cadogan SOLO, 2023. Ph. Pietra Studio. Courtesy Cadogan Gallery.
EXTRA
Giovedì… in Camera
Giovedì 30 novembre alle ore 18.30, CAMERA Centro Italiano per la Fotografie di Torino ospita l’incontro I giganti della fotografia francese del Novecento: André Kertész, Henri Cartier-Bresson, Brassaï, Robert Doisneau con Walter Guadagnini, direttore artistico dell’istituzione. L’appuntamento, parte del ciclo di appuntamenti GIOVEDÌ IN CAMERA, racconta veri e propri giganti della storia della fotografia francese del Novecento e non solo, focalizzandosi sulle loro vite e opere in una Parigi di inizio Novecento, indiscussa capitale mondiale della cultura che ribolle di idee, novità, opere e eventi. È proprio da Parigi che la fotografia si diffonde in tutto il mondo, è qui che nascono alcune delle più importanti riviste illustrate ed è alla fotografia stessa che qui guardano le avanguardie artistiche.
Crediti: © Andrea Guermani
Ritorno sul palco
Venerdì 1° dicembre alle ore 20.00 il Teatro Linguaggicreativi di Milano torna ad ospitare Corpi sul palco, la quarta edizione della rassegna di performance delle Arti Visive a teatro, a cura di Andrea Contin, prodotta dal teatro stesso. Protagonisti di questa edizione gli artisti Jacopo Benassi, Gianni Colosimo e Luisa Bruni con Fabrizio Modonese Palumbo, Marta Dell’Angelo, Manuel De Marco, Flavio Favelli, Dario Lazzaretto, Elena Lerra, Giulia Mureddu, Gabriele Randaccio, Supersciri e Ursulina de Lombardia, che appartengono a generazioni e modi espressivi diversi, e che offriranno al pubblico una serata stimolante, coinvolgente e densa di valenze simboliche e psicologiche. Nello spettacolo di Corpi sul palco le connessioni e il dialogo sostituiscono le scelte curatoriali, lasciando piena libertà di azione ai progetti degli artisti. Alla sua quarta edizione dal vivo, la manifestazione si conferma tra gli eventi più interessanti del panorama artistico milanese e non solo, richiamo per artisti, teorici e appassionati di arti performative.
Crediti: Andrea Contin presenta Corpi sul palco 2022, Teatro Linguaggi Creativi, Milano
Un pittore felicissimo
Dal 2 dicembre 2023 al 25 febbraio 2024, in chiusura all’anno del duecentenario dalla morte di Felice Giani (1758–1823), originalissimo protagonista del neoclassicismo italiano, Palazzo Bentivoglio apre al pubblico Felicissimo Giani, un mostra a cura di Tommaso Pasquali, nata dallo studio della collezione permanente dell’istituzione bolognese e della decorazione di una sala da pranzo del palazzo. Alla stanza appartenevano due dipinti considerati perduti – un Trionfo di Bacco e un Trionfo di Cibele – che a distanza di quasi un secolo tornano in prestito nel luogo d’origine. Quaranta opere per un progetto, con allestimento dell’architetto e designer Franco Raggi, che ricostruisce la parabola dell’artista, autore di folgoranti opere grafiche e innovativo decoratore, interprete delle ambizioni dei ceti emergenti di epoca napoleonica. In linea con gli interessi collezionistici di Palazzo Bentivoglio, l’inserimento in mostra di quattro opere contemporanee – di Flavio Favelli, Franco Raggi, Pablo Bronstein e Luigi Ontani – farà da contrappunto al lavoro di Giani, evidenziandone alcuni aspetti distintivi.
Crediti: Felice Giani, Ratto di Ganimede, Palazzo Bentivoglio, Bologna ph. Carlo Favero
BONUS TRACK
Che domande!
Si intitola così il nuovo podcast di Radio Festivaletteratura che ha deciso di cercare risposta a domande non proprio facili, ma che di certo ben raccontano la società di oggi. ChatGPT scriverà un bel romanzo? Possiamo smettere di lavorare? Come faremo sesso? Sono alcuni esempi dei temi affrontati nelle dieci puntate del podcast, scritto e condotto da Verdiana Benatti e Giancarlo Cinini, con la produzione di Matteo Blasio e Stefano Santini e la collaborazione della redazione video di Festivaletteratura. Nato durante l’ultima edizione del Festival, quando la redazione di Radio Festivaletteratura ha posto dieci domande dalle risposte complesse a oltre trenta intellettuali, scrittori e scrittrici, scienziati e scienziate presenti a Mantova. Un podcast agile e corale di quesiti tascabili per pensare il presente e immaginare scenari futuri, di cui le prime quattro puntate sono già disponibili sulle principali piattaforme!