La squadra mobile di Prato ha arrestato questa mattina tre donne nigeriane, di cui una con cittadinanza italiana, tutte responsabili dei reati di tratta di esseri umani e sfruttamento della prostituzione anche minorile. Gli arresti sono l’esito di una lunga indagine condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Firenze.
L’indagine ha avuto inizio nel febbraio 2016 ed è partita dalla segnalazione della presenza di un appartamento posto a Prato, nella frazione di Iolo, all’interno del quale si alternavano giovani ragazze nigeriane che si prostituivano in zona Calenzano. L’appartamento era abitato regolarmente da una nigeriana e da sua figlia.
Verificata la segnalazione, la polizia ha appurato poi che le due donne, in concorso con altre sempre di origine nigeriana, tra cui una vicina di casa, reclutavano in Nigeria giovani e giovanissime ragazze, per le quali organizzavano e pagavano il viaggio verso l’Italia, della durata di alcuni mesi, attraverso la Libia e poi con scafisti fino alle coste italiane.
Prima della partenza, le giovani venivano sottoposte a riti voodoo, e una volta giunte in Italia, venivano costrette a prostituirsi. Il guadagno veniva versato per intero alle “maman”, le sfruttatrici, fino all’estinzione del debito, compreso tra i 30 e i 40mila euro a ragazza.
Le famiglie di origine delle ragazze, in Nigeria, erano ben consapevoli dell’attività che le stesse avrebbero svolto in Italia.
L’organizzazione avrebbe fornito anche precise indicazioni relativamente a quale data di nascita indicare per non avere problemi e a quale racconto fornire alle forze di polizia per ottenere il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Molte di queste ragazze, tra cui tre minorenni, nonostante allo sbarco avessero indicato età leggermente maggiore dei 18 anni, sono state identificate dalla polizia e più volte raccolte in strada e accompagnate in strutture protette della zona, dalle quali non appena possibile fuggivano.
Il personale della Questura di Prato ha così scoperto che, una volta tornate dalle loro sfruttatrici, già conosciute dalle forze dell’ordine, le ragazze venivano vendute ad altre donne nigeriane, in Italia e in altri Paesi europei.
In caso di mancato rispetto delle regole sia di convivenza che di prostituzione da parte delle ragazze, le “maman” utilizzavano metodi violenti per riportarle all’ordine.
Le indagate, tutte stabilmente residenti in Italia, al momento dell’esecuzione degli arresti sono state trovate nelle loro case, in compagnia dei propri figli, quasi tutti minorenni, di cui alcuni sono stati affidati ai servizi sociali.