Ultimi giorni per ammirare Lessico familiare, la mostra di opere di Sergio e Grazia Tomberli e Benedetta Gori, che prosegue fino a mercoledì 30 novembre nella Sala delle esposizioni dell’Accademia delle Arti del Disegno (in Via Ricasoli 68 a Firenze).
Vera e propria suggestiva raccolta di opere grafiche e fotografiche tutte rigorosamente in bianconero, la mostra si dipana attraverso la produzione artistica di una famiglia che dal pieno Novecento ha segnato, attraverso tre generazioni, il panorama fiorentino, e non solo, fino alla nostra contemporaneità.
Si tratta di un “lessico visuale”, che ha nel disegno la sua struttura grammaticale profonda, accomuna, e non solo per linea di sangue, Sergio Tomberli (1913-1964), la figlia Grazia e la nipote Benedetta Gori. Un segno distintivo lega disegni e fotografie, dall’espressività sobria e rigorosa, in un elegante bianconero, evocando un passato che ha stimolato ricerche maturate nel tempo in visioni autonome e tecniche distinte.
Architetture d’eccellenza, di culture diverse o scandite da linee moderne, sono elette da madre e figlia, lasciando emergere, in un dialogo senza prevaricazioni, anche il senso di un sostanziale rinnovamento di strumenti e di visioni nel passaggio, non casuale, dal disegno alla fotografia.
Curata dalla storica dell’arte Giovanna Giusti, già funzionario responsabile del dipartimento dell’arte contemporanea e degli autoritratti della Galleria degli Uffizi, la mostra costruisce un percorso che si schiude con una selezione di opere grafiche del pittore Sergio Tomberli, capostipite di una dinastia di artisti (già onorato dall’Accademia delle Arti del Disegno con la nomina ad accademico nella classe di pittura e con una mostra nel 1963 (a cui seguì una retrospettiva nel 2004) e gratificato da premi e riconoscimenti, incluso l’ingresso di un suo pregevole autoritratto agli Uffizi) che ha avuto nella figlia Grazia Tomberli, architetto e pittrice (memore della disciplina appresa e delle frequentazioni dei tanti artisti che animavano lo studio e la casa paterna, da Grazzini, a Griselli, a Bernardini, a Soffici, Rosai e molti altri) e ancora nella nipote Benedetta Gori (fotografa dinamicamente sempre in viaggio, pronta alla ricerca e all’esplorazione di spazi e di umanità), due artiste di grande valore che con audacia e autonomia hanno seguito la vocazione artistica. Tutti e tre, seppur uniti da legami familiari sono stati e sono, dopo la prematura morte di Sergio nel 1964, autori affermati nel loro tempo.
La preziosa esposizione propone all’attenzione del pubblico sei opere di Sergio Tomberli, 17 di Grazia Tomberli, cui si aggiungono 2 libri d’artista, e 15 fotografie di Benedetta Gori con due video proiettati all’interno della sede espositiva; inoltre è arricchita dal catalogo edito da Polistampa (n. 115 della Collana delle mostre dell’Accademia) a cura di Giovanna Giusti, con testi di Cristina Acidini, Andrea Granchi, Giovanna Giusti e Damiano Verdiani.
A tal proposito il Presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno, Cristina Acidini, scrive che «La dedizione della famiglia Tomberli-Gori alle arti è uno speciale valore che l’Accademia delle Arti del Disegno, grazie all’attiva partecipazione del Consiglio di Presidenza e della Classe di Pittura insieme con la Segreteria Generale, con grande soddisfazione mette in risalto in questa mostra, curata da Giovanna Giusti e acutamente intitolata Lessico familiare».
Da parte sua Andrea Granchi, presidente della Classe di Pittura dell’Accademia, aggiunge che «il “lessico” di una trasmissione familiare, in particolare nel campo del disegno, emerge anche il senso di un sostanziale rinnovamento di strumenti e di visioni nel passaggio, non casuale, dal disegno alla fotografia».
Da un punto di vista prettamente tecnico, Giovanna Giusti nota che «La pulizia del segno, che dalle grafiche di Sergio Tomberli passa alla chiarezza compositiva dei disegni della figlia, avanza nel dialogo generazionale con una corrispondente teoria di scatti fotografici di Benedetta. Il confronto familiare – lo suggerisce la mostra – stimola rimandi che dinamicamente si muovono sul binario della passione comune dell’andare, del viaggiare, della sosta, quando personali meditazioni si depositano nelle opere».