L’asteroide andava a folle velocità, ma sembrava fermo rispetto alle stelle intorno.
La figura umanoide, nuda, con i folti e lunghi capelli come mossi dal vento (vento che non c’era, che non ci poteva essere), stava in piedi con le gambe leggermente divaricate e le braccia abbandonate lungo i fianchi guardando davanti a sé. Fissava l’abisso nel quale precipitava, di cui sapeva non avrebbe mai visto la fine. Una stella dalla calda luce azzurra gli illuminava il corpo, facendogli quasi socchiudere gli occhi.
Non sapeva quanti pianeti aveva visto nascere, non sapeva quanti ne aveva visti morire. Non ricordava le stelle che aveva visto spegnersi, ma non gli interessava dare un numero a tutto ciò. Farlo sarebbe stato limitante, mentre quanto aveva intorno era l’infinito.
Alessandro Corsi
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