Li accoglie, solista sul palco, la prima viola dell’ORT Stefano Zanobini
Al Teatro Verdi di Firenze mercoledì 8 marzo alle ore 21.00 un programma pieno di Inghilterra, dai suoni del compositore inglese Benjamin Britten alla musica con cui Mendelssohn e Haydn hanno descritto luoghi e sentimenti. Replica al Garibaldi di Figline giovedì 9 marzo.
Programma d’ambientazione britannica per Michele Spotti, direttore alla soglia dei trent’anni al suo debutto con l’ORT. Spotti è una delle giovani bacchette più interessanti del panorama musicale non solo italiano; è fra quei direttori che stanno dimostrando il loro valore facendo la vera gavetta anche in complessi meno blasonati, perché lui è «della politica del “piano piano”, perché lo studio paga sempre […] tutto si ottiene con fatica, dedizione e sacrificio». Salito già su podi che scottano, come quello della Scala nel 2021, oggi è direttore musicale dell’Orchestra Filarmonica di Marsiglia e dell’Orchestra Filarmonica di Benevento. Verdi come baricentro della sua vita musicale, in equilibrio tra Rossini e il Novecento. E proprio su Rossini si è fatto le ossa, come assistente del rossiniano doc Alberto Zedda che nel 2016 lo ha voluto accanto a sé nell’Ermione all’Opéra de Lyon. Tuttavia nessuna pagina d’opera in questa produzione con l’ORT, nonostante canti un tenore, l’irlandese Robin Tritshler, selezionato come artista “new generation” della BBC nel 2012. Insieme a lui Martin Owen, uno dei maggiori suonatori di corno d’Europa, nonché primo corno della BBC Symphony Orchestra; il suo repertorio spazia dall’antico al contemporaneo, fino al cinema, esibendosi già in ben oltre 300 colonne sonore di film come James Bond, Star Wars, Harry Potter, Il Gladiatore e Pirati dei Caraibi. Entrambi sono impegnati sul palco nella Serenata op.31 di Benjamin Britten, composta nella primavera del 1943, durante la convalescenza in ospedale per una forte forma di morbillo. Insolita nella combinazione sonora di corno, canto e orchestra d’archi, la Serenata lo è anche nella forma: un ciclo di sei poesie intonate. Poesie di autori inglesi, fra loro lontani per epoca e stile, e accomunate da un medesimo tema: la notte, su cui si inanellano i versi immortali di Ben Jonson, Blake, Keats, Tennyson insieme a quelli di un anonimo del Quattrocento.
Di Britten, poi, vengono proposte Lachrymae – Riflessioni su una canzone di John Dowland, solista Stefano Zanobini, prima viola dell’ORT. Anche in questo caso un lavoro improntato a intimismo e mestizia che rende omaggio a uno dei maggiori compositori d’epoca elisabettiana, John Dowland, autore che si autodefiniva “semper dolens” e dalle cui opere emerge sempre una raffinata e composta malinconia.
Negli altri due pezzi diretti da Spotti appare invece la Gran Bretagna osservata con gli occhi di musicisti del continente. In apertura Le Ebridi di Felix Mendelssohn descrivono in note lo stupore del compositore nel luogo fiabesco della Grotta di Fingal. In chiusura una delle dodici sinfonie cosidette Londinesi di Franz Joseph Haydn, La pendola, scritta al colmo della fama in una città che lo accolse a braccia aperte, riservandogli onori da divinità scesa in terra, onori che Haydn ricambiò con l’arguta perfezione delle sue sinfonie (nn. 93 – 104).