Circa un milione di litri di latte ovino versato per strada, dato in pasto agli animali o in beneficenza, dall’inizio della protesta dei pastori sardi. La stima è di parte, certo, ma ben realistica, frutto dei calcoli della Coldiretti e di una protesta che dura da mesi e che si è ora resa eclatante. Già in ottobre, si era parlato dei pastori sardi che chiedono l’innalzamento a 70 euro a litro del prezzo del latte che è attestato sui 60 centesimi o anche meno. Da allora, i toni e i modi sono cresciuti per quelli che la Coldiretti definisce «l’esasperazione» dei produttori e «l’atteggiamento irresponsabile degli industriali».
I numeri sono stati rivelati nel corso della manifestazione davanti a Piazza Montecitorio a Roma dove i pastori sardi, con il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, «hanno denunciato alle istituzioni nazionali la tragedia del latte di pecora e chiesto di procedere immediatamente al commissariamento del Consorzio di tutela del Pecorino Romano Dop, responsabile con le sue scelte del crollo del mercato che ha messo in ginocchio gli allevatori».
I pastori hanno ieri manifestato la propria rabbia davanti a cittadini e parlamentari con cori e grande striscione sul quale si leggeva Rispetto per la tragedia dei pastori sardi” e Pastori alla fame: commissariamo il Consorzio del pecorino Romano.
«Attendiamo che l’associazione industriali proponga a tutti i pastori della Sardegna il prezzo del latte che non ha voluto né trattare né modificare in questi mesi rimanendo sordo e indifferente alle proposte avanzate – ha detto il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini – Merita una risposta chi si sveglia alle 5 del mattino tutti i giorni per mungere e ottenere da ogni pecora circa un litro di latte al giorno che viene pagato con una elemosina che non copre neanche i costi di allevamento».
Sulla situazione dell’intera filiera del pecorino, pesano le scorte accumulate all’interno di molti caseifici, risultato di una produzione eccessiva rispetto alle reali richieste del mercato.
«I produttori di pecorino, che per ora non sono disposti a pagare di più per il latte ovino, non sono veri imprenditori», aggiunge Ettore Prandini puntando l’indice verso «gli industriali che non riescono a vendere il pecorino che hanno deciso di produrre e scaricano i costi della loro incapacità sull’anello più debole: i pastori. Le remunerazioni offerte non sono solo indegne ed offensive per i pastori ma anche illegali».
Il presidente della Coldiretti ricorda in proposito che le norme sulla concorrenza vietano qualsiasi comportamento del contraente che, abusando della propria maggior forza commerciale, imponga condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose, ivi comprese, ad esempio qualsiasi patto che preveda prezzi particolarmente iniqui o palesemente al di sotto dei costi di produzione.
L’analisi dell’Ismea evidenzia come i prezzi riconosciuti ai pastori a gennaio 2019 sono stati pari a 56 centesimi di euro (Iva esclusa) rispetto a costi variabili di produzione saliti a 0,70 centesimi (Iva esclusa).
Anche l’Unione europea, ricorda sempre la Coldiretti, ha peso atto della necessità di contrastare lo squilibrio commerciale che favorisce le speculazioni lungo la filiera e la necessità di intervenire per garantire un trattamento più equo alle piccole e medie imprese agroalimentari, come nel caso dei pastori sardi e dei loro greggi nei confronti dell’industria caseari. La situazione – denuncia la Coldiretti – è insostenibile con il prezzo offerto da un cartello di industrie inferiore a 60 centesimi per litro di latte di pecora che spinge alla chiusura i 12.000 allevamenti della Sardegna dove pascolano 2,6 milioni di pecore, il 40% di quelle allevate in Italia, che producono quasi 3 milioni di quintali di latte destinato per il 60% alla produzione di pecorino romano (Dop).