L’aspettava al varco.
La osservava già da un po’, come tutte le mattine, nella penombra della stanza che s’apprestava a rischiarare in giornitudine. La osservava e attendeva quel suono che segna il confine. Notte e giorno. Inane e attiva.
Quel suono, puntuale, arrivò. La sveglia faceva il suo mestiere. Ma lei, Ivana, era comunque in anticipo. In anticipo sul tempo. Una vita in levare, da vent’anni oggi. Un ritmo sincopato che s’era più volte chiesta cosa mantenesse in linea di metronomo. Quale motivo? Quale energia?
Ripeté i gesti soliti, dal caffè all’acqua in faccia, fino alle stoviglie, ancora bagnate, riposte nello scolapiatti. Da lì partiva il vero giorno nuovo. Da lì poteva inventare qualcosa. Da lì era libera di agire. Veramente libera, perché non c’era più niente e nessuno a cui dovesse render conto. Non più un lavoro. Era in pensione da oltre tre anni. Non più una che fosse una delle persone che in vita le era toccato d’amare. Anzi, una restava: Grazia, amica atavica, amica con cui tanto aveva condiviso delle rispettive vite. Delle rispettive morti. Ma Grazia non le avrebbe mai posto condizionamenti.
Pietro Guidarini
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