Un’organizzazione sindacale o qualsiasi altra forza che abbia come scopo il cambiamento delle politiche economiche e sociali, di un qualsiasi governo, in un qualsiasi paese, ha di fronte due strade per provare a realizzare l’obiettivo prefissato: o la rivoluzione, o la lotta sociale accompagnata da una lotta politica da praticare fuori e dentro le istituzioni. Giacché la rivoluzione non sembra all’ordine del giorno, l’unica strada percorribile nel nostro Paese è la lotta sociale e politica. Nel nostro caso pensare che basti una coalizione sociale per contrastare le politiche del Governo Renzi è, ad essere buoni, velleitario.
Però Landini ha avuto il merito di aver rimesso al centro della riflessione il rapporto tra le lotte sociali e la politica. Oggi siamo di fronte ad uno scenario egemonizzato dal pensiero unico neoliberista.
Con l’avvento di Renzi il PD ha reciso ogni legame con la storia e la tradizione della sinistra italiana. In questa situazione non si può eludere il problema politico di “rifondare la sinistra” anche per una normale dialettica democratica. Questo è un tema che anche Susanna Camusso si dovrebbe porre. Oggi in gioco non c’è l’autonomia della Cgil ma il suo isolamento. Per essere autonomo un sindacato generale ha prima di tutto una necessità: che vi sia una forza politica, attinente sul piano dei fini e dei valori, che affronti dal suo versante i temi che un sindacato pone in riferimento alla sua rappresentanza sociale.
Pensare di poterne fare a meno è sbagliato, perché espone l’organizzazione sindacale ad un rischio corporativo. Per questo è nell’interesse della stessa Cgil favorire la nascita di un soggetto politico con cui ci sia una “certa parentela”, proprio per continuare ad essere autonoma. Dovremmo lavorare, noi singoli uomini di sinistra e della Cgil, per contribuire a realizzare una forza politica che abbia nel lavoro e in una concezione dello sviluppo sostenibile il suo architrave ideologico. Ideologico non è una parolaccia. Perché dobbiamo ricostruire questa forza politica?
Perché oggi non c’è! Oggi ci sono partitini di sinistra che in parte vengono dal PCI e in parte dall’ecologismo e dalla sinistra movimentista anni 70/80. Tutti fortemente identitari, gelosi delle proprie specificità. Già fare un cartello elettorale per le elezioni regionali non è stato semplice. Lo sbarramento del 5% ha certamente favorito l’unità sotto un unico simbolo, ma se fosse solo questo sarebbe una cosa non all’altezza delle necessità e delle aspettative e avrebbe il respiro della testimonianza. Sarebbe una opportunità persa. Questa campagna elettorale dovrebbe essere l’occasione per aprire una fase di discussione ampia, gettare le basi per una nuova sinistra e porsi in maniera interlocutoria nei confronti della sinistra PD, non tanto verso i suoi dirigenti, ma verso i suoi elettori.
C’è un pericolo da evitare, dovuto al rischio di vocazione minoritaria, non è facendo i primi della classe, con la puzza sotto il naso, che si può costruire una interlocuzione proficua con quella parte di sinistra anche riformista e moderata, che si sente orfana . L’opportunità delle elezioni regionali deve diventare il primo passo per ricostruire un soggetto politico che coniughi i valori del lavoro con i temi dello sviluppo sostenibile.
Manuele Marigolli