Pochi e distanziati, con la mascherina, per un rito di stazione in stazione che quest’anno ha ricordato la Passione e morte di Gesù, in un luogo e in un momento particolari. È la Via Crucis condotta dal vescovo di Prato, Giovanni Nerbini, lungo il perimetro dell’ospedale cittadino.
Il dolore di Cristo sulla croce e il dolore dell’uomo nel letto di un ospedale. Il vescovo Giovanni Nerbini ha scelto di celebrare la via crucis intorno al Santo Stefano come segno di speranza e di vicinanza ai malati e al personale sanitario quotidianamente impegnato nell’assistenza. Con la mascherina in volto, insieme al cappellano ospedaliero don Carlo Bergamaschi, il Vescovo ha portato la croce lungo il perimetro del complesso dell’ospedale fermandosi davanti alla tenda pre-triage, all’ingresso dei pazienti Covid e al pronto soccorso. Punti caldi di questa difficile emergenza sanitaria che stiamo vivendo. Sono state queste alcune delle stazioni della via crucis celebrata in questo inedito venerdì santo al tempo del coronavirus.
«Celebrare la sofferenza e la morte di Cristo in questo luogo, in questo tempo, in questo momento vuol dire associarla a quella degli ospedali italiani dove sono ricoverate persone che soffrono a causa di questo virus – ha detto monsignor Nerbini – ma se è vero che la croce è segno di morte è vero anche che essa preclude sempre al giorno di Pasqua, alla risurrezione, vuol dire segnare con la speranza questo momento di dolore per tante persone e le loro famiglie».
La lettura delle riflessioni è stata affidata a un medico, il dottor Alberto Freschi del reparto di medicina generale, e al direttore della Pastorale sanitaria della Diocesi Alberto Toccafondi. Presenti al rito anche il vice sindaco Luigi Biancalani, il consigliere regionale Nicola Ciolini e rappresentanti della direzione ospedaliera, la cui direttrice Daniela Matarrese ha accolto con grande favore la proposta di monsignor Nerbini di poter celebrare la via crucis davanti al Santo Stefano.
Domenica, giorno di Pasqua, ci sarà un altro momento importante. Questa volta all’interno dell’ospedale. Alcuni medici cattolici impegnati nel reparto Covid e in quello di terapia intensiva si sono resi disponibili a portare la comunione ai malati. Per quelli intubati invece, che non hanno la possibilità di comunicarsi, ci sarà una breve preghiera davanti al letto recitata da un medico. Sarà il vescovo Nerbini, insieme al cappellano don Bergamaschi, a impartire il mandato di ministri straordinari della comunione ai dottori nel corso di un momento di preghiera che sarà celebrato nella cappella dell’ospedale.