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Visigoti di Alarico saccheggiano Roma

Il 24 agosto 410 i visigoti guidati da Alarico penetrano nella città sede ancestrale dell’impero romano, inespugnata da 8 secoli, saccheggiandola in quello che fu uno degli eventi più traumatici dell’antichità.

L’impero romano nel 410 era diviso in parte orientale e parte occidentale, con la parte occidentale frammentata tra domini personali di usurpatori(come la Gallia) e aree occupate da invasori(Spagna). I visigoti, tribù gota di origine scandinava, attraversavano l’Italia guidati dal loro capo Alarico diretti verso Roma. Per tre volte i Visigoti di Alarico assediarono Roma, la terza volta, il 24 agosto 410, riuscirono ad entrare nella Città Eterna, la quale era rimasta inespugnata dal saccheggio di Brenno del 390 a.c, 8 secoli prima.

impero doccidente 410

Il saccheggio durò tre giorni e fu un trauma epocale per i contemporanei. La furia dei barbari si abbatté sui cittadini romani increduli; violenze che si erano viste soltanto al Colosseo furono compiute su donne e anziani. I danni subiti dalla città furono notevoli. Le case nei pressi della porta Salaria, tra cui spiccava la dimora di Sallustio, furono incendiate, e stessa sorte capitò al palazzo dei Valerii sul Celio e alle residenze private sull’Aventino; le stesse terme di Decio subirono danni ingenti, come anche il tempio di Giunone Regina, che fu completamente distrutto, insieme all’intero quartiere, come è possibile dedurre dai ritrovamenti archeologici; le statue del Foro furono depredate, l’edificio del Senato fu dato alle fiamme e diverse chiese, come la basilica di Papa Giulio, oltre a subire danni ingenti, furono depredate dei vasi liturgici. Come attesta Agostino da Ippona, i Visigoti compirono numerose violenze contro la popolazione, come saccheggio dei beni, torture e stupri compiuti persino a danni delle monache. La curia Iulia, sede del senato, venne data alle fiamme. Nonostante tutto, Roma incuteva rispetto agli invasori e nei tre giorni di saccheggio Alarico impartì l’ordine di risparmiare i luoghi di culto (soprattutto la basilica di San Pietro), che considerò come luoghi di asilo inviolabili dove non poteva essere ucciso nessuno. L’evento ebbe un’immediata risonanza in tutto l’Impero e lo sconvolse moralmente. Da quel momento la città sarà più volte saccheggiata fino al 1527.

Durante il sacco, Alarico catturò come ostaggio Galla Placidia, sorella dell’imperatore Onorio, che poi avrebbe sposato il suo successore Ataulfo, con cui avrebbe governato il nuovo regno visigoto in Gallia Narbonense.

La notizia del sacco di Roma, il cuore dell’Impero, il sacro suolo rimasto inviolato per 800 anni da eserciti stranieri, ebbe vasta risonanza in tutto il mondo romano ed anche al di fuori di esso. Le distruzioni e le uccisioni nella città colpirono profondamente i contemporanei: la città che aveva conquistato il mondo soccombeva sotto l’attacco dei barbari. L’imperatore d’Oriente Teodosio II proclamò a Costantinopoli – Nuova Roma tre giorni di lutto, mentre San Girolamo si chiese smarrito chi mai poteva sperare di salvarsi se Roma periva: «Ci arriva dall’Occidente una notizia orribile. Roma è invasa.[…] È stata conquistata tutta questa città che ha conquistato l’Universo.[…]»

Autori romani pagani incolparono il cristianesimo per la rovina in cui era incorso l’impero

Sant’Agostino di Ippona, nella sua opera De Civitate Dei(La Città di Dio), in risposta alle accuse degli autori pagani, fa notare come anche sotto il dominio del paganesimo Roma avesse subito tremende sconfitte, senza che per questo fossero incolpati gli dèi dell’Olimpo. Agostino nella sua opera asserisce che Roma, come tutti gli imperi, è parte della Città dell’uomo, ossia è terrena e quindi effimera, mortale, a differenza della Città di Dio che è eterna. Per Agostino Roma potrà anche cadere, ma non il cristianesimo, rappresentante della Città di Dio.

Negli anni seguenti in realtà l’impero si riprese, il nuovo imperatore d’occidente Flavio Costanzo in dieci anni riconquistò la Gallia e buona parte della Spagna all’impero e negoziò una pace con i Visigoti assorbendoli nell’impero come foederati. Nonostante ciò il trauma causato dal saccheggio del 410 perdurò, la fama di Roma come città inviolabile era crollata, e la ripresa ebbe vita breve, poco più di mezzo secolo dopo, nel 476, l’ultimo imperatore d’occidente, Romolo Augustolo, veniva deposto dal generale barbaro Odoacre, ponendo così fine all’impero romano d’occidente.

Immagine d’apertura: La distruzione dell’Impero romano, di Thomas Cole. Dipinto allegorico (ispirato molto probabilmente al sacco di Roma dei Vandali del 455), quarto della serie “Il corso dell’Impero” del 1836, oggi a New York, presso l’Historical Society, è un dipinto spesso riproposto per rappresentare la caduta dell’impero romano e gli eventi correlati a tale caduta

Bibliografia e fonti varie

  • Maria Cesa, Impero tardoantico e barbari: la crisi militare da Adrianopoli al 418, Como, New Press, 1994, ISBN 9788898238156.
  • Guy Halsall, Barbarian Migrations and the Roman West, 376–568, New York, Cambridge Universitary Press, 2007, ISBN 978-0-521-43491-1.
  • Peter J. Heather, La caduta dell’Impero romano: una nuova storia, Milano, Garzanti, 2006, ISBN 978-88-11-68090-1.
  • Giorgio Ravegnani, La caduta dell’Impero romano, Bologna, Il Mulino, 2012, ISBN 978-88-15-23940-2
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